LA DANZA OLTRE I CONFINI
Al via la rassegna con «Built to last» di Stuart: in cartellone 22 spettacoli, di cui cinque in anteprima assoluta. Gravel al ritmo di indie-rock presenterà «Some hope for the bastards». Baratta: «Il palcoscenico è luogo di scoperta permanente»
Danza e musica, si sa, sono intimamente legati. Ma quando danzatori e musicisti si incontrano succede qualcosa di ipnotico e sensuale. Si potrà esserne testimoni anche alla Biennale Danza che il 22 giugno (ore 20 con Built to last di Meg Stuart) apre i battenti fino all’1 luglio a Venezia. In programma sono 22 spettacoli, di cui 5 in anteprima assoluta e altrettanti presentati per la prima volta in Italia.
Danza e musica, dunque. Sarà il caso dei «concerti-coreografici» di Frédérick Gravel, con il suo collettivo di artisti, danzatori, musicisti che al ritmo di indie-rock dispiegherà la prima italiana di Some hope for the bastards. Oppure la capoverdiana Marlene Monteiro Freitas, che sarà insignita del Leone d’argento e omaggerà il mito delle Baccanti con la frenesia dei suoi impasti: impronta dei suoi carnevali di strada e retrogusto dada, l’universo circense, la danza urbana, i balletti russi.
E, ancora: di una densa e folgorante materia musicale sono fatti anche i quadri messi in scena da Israel Galvan, figlio di bailores e lui stesso vibrante flamenquero.
Marie Chouinard al suo secondo anno di conduzione, che lei chiama «secondo capitolo», ci porta proprio alle soglie della danza dove «la respirazione diventa sovversione e strategia». La danza contemporanea ci ha aiutato a leggere il mondo e la coreografa canadese ci accompa- gna là dove questa disciplina può «farci scoprire luoghi sconosciuti e nuovi paesaggi mentali ed emotivi».
Così, Jacques Poulin-Denis installa sul palcoscenico un tapis-roulant e lassù ci corre, ci striscia, cammina, barcolla: