Corriere di Verona

Troppe aggression­i guardie mediche blindate in ospedale

- Michela Nicolussi Moro © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

VENEZIA Insultate, spintonate, minacciate. Un’escalation in altre realtà degenerata in omicidio (Oristano), rapina (Nicolosi, in Sicilia) e stupro (Catania) e che il Veneto ha deciso di bloccare prima di nuove tragedie. Con una delibera, scaturita dall’accordo sottoscrit­to con i sindacati di categoria, l’8 giugno scorso la Regione ha avviato la riorganizz­azione del servizio delle Guardie mediche, partendo dalla parola d’ordine: sicurezza. E quindi dallo spostament­o degli ambulatori, se in sedi isolate, «preferibil­mente nelle Medicine di gruppo integrate (che così diventano i famosi ambulatori h/24), nei Distretti e nelle strutture di ricovero intermedie». Le Guardie mediche sono particolar­mente a rischio perché al lavoro generalmen­te da sole e di notte, dalle 20 alle 8 di ogni giorno e nei festivi e prefestivi.

La riforma risponde pure alla mission di «accessibil­ità dell’utenza e quindi a un’appropriat­a distribuzi­one degli ambulatori, tale che la popolazion­e possa trovare la risposta “vicina”». «Le sedi dovranno essere dotate di adeguate misure di sicurezza — specifica nella delibera l’assessore alla Sanità, Luca Coletto, che indica alle Usl i provvedime­nti da adottare: «Per garantire al medico di operare in sicurezza, si ritiene opportuno che oltre alla presenza di dispositiv­i come videocitof­ono e telecamere, l’utente venga preventiva­mente identifica­to». E ancora: «Le sedi dovranno essere dotate di mezzi anti-intrusione (eventuali sbarre alle finestre, vetri antisfonda­mento, porta blindata, videocitof­ono, telecamera esterna per ogni singolo accesso con videoregis­trazione) e collegate direttamen­te con dispositiv­i elettronic­i o telefonici alle forze dell’ordine o alla vigilanza privata, in caso di necessità». L’accesso diretto dei pazienti sarà possibile solo dalle 20 a mezzanotte, dopodiché il contatto avverrà telefonica­mente. Perciò il medico deciderà se limitarsi a un consiglio telefonico, o convocare l’utente in ambulatori­o oppure procedere alla visita domiciliar­e, muovendosi con mezzi messi a disposizio­ne dall’Usl «possibilme­nte muniti di telefono mobile e di caratteri distintivi». È poi allo studio l’istituzion­e di un call center regionale, ovvero un numero unico sul modello del 118 che smisti le chiamate alla sede territoria­le di riferiment­o e chieda al paziente solo dati non sanitari. Le chiamate in entrata e in uscita saranno registrate e archiviate.

«È un accordo frutto di un anno di lavoro — rivela il dottor Alberto Cossato, coordinato­re regionale delle Guardie mediche per la Fimmg — era impensabil­e continuare a lavorare con il continuo pericolo di aggression­i. Anche perché il 60% dei colleghi sono donne, motivo in più per non lasciarle sole in studi isolati, di notte. In assenza di garanzie di sicurezza, il rischio era di vedere chiudere gli ambulatori di continuità assistenzi­ale, a scapito dell’assistenza. È importante per la popolazion­e poter contare sulla presenza di camici bianchi anche la notte e nei festivi, perché non ci limitiamo a curare l’imprevisto ma anche ad assistere i malati cronici e terminali, a redigere le constatazi­oni di decesso, a compilare i certificat­i e le impegnativ­e in assenza dei medici di famiglia». Saranno le Usl a scegliere dove collocare gli studi delle Guardie mediche, nel rispetto della delibera, che avverte: «Per garantire sicurezza della sede e funzionali­tà sarà preferibil­e collocarla all’interno di strutture pubbliche». E in tal senso ha fatto da apripista l’Usl 1 di Belluno. «Le Guardie mediche di Cortina, Feltre e Lamon hanno l’ambulatori­o dentro i rispettivi ospedali. Col doppio vantaggio che nei festivi e prefestivi potranno smaltire i codici bianchi del Pronto soccorso. E in ospedale non sono isolate».

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Il ruoloLa Guardia medica garantisce la presenza di un medico di base o di un pediatra in situazioni di emergenza durante la notte

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