Profughi, la fake news dell’invasione
Cestim: nei Comuni non si è superata la quota del 3 per mille
«Non siamo in presenza di alcuna invasione», dicono dal Cestim commentando i dati del Report «Accoglienza straordinaria nel Comune e nella Provincia di Verona 2014-2017», che ha ad oggetto i richiedenti asilo.
«Vi darò una buona notizia: non siamo in presenza di alcuna invasione». Il sociologo Maurizio Carbognin, già direttore generale del Comune di Verona, snocciola i numeri e va contro quella che lui stesso definisce la «discussione pubblica» che propone sempre più spesso l’equazione tra richiedenti asilo ed emergenza. È lui ad aver curato in prima persona il Report del Cestim sull ’«Accoglienza straordinaria nel Comune e nella Provincia di Verona 2014-2017», presentato ieri sera in anteprima in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, nella Sala Africa della casa madre dei Padri Comboniani. Al suo fianco il consulente e formatore nazionale dell’Anci per i progetti Sprar Giovanni Franco Valenti e il funzionario della prefettura scaligera Gianmaria Meneghini. È stato quest’ultimo sottolineare come la cosiddetta fase emergenziale sia stata ormai superata, portando l’esempio concreto dell’ultimo bando per l’accoglienza emesso dai Palazzi Scaligeri: «Siamo usciti dallo schema dell’affido diretto per passare a una soluzione più strutturale (quella della gara pubblica, ndr) che garantisce un certo standard nei servizi».
Ma Carbognin ha voluto puntualizzare che anche nel periodo più «caldo» degli sbarchi e degli arrivi a cadenza quasi quotidiana, nel Veronese non «c’è mai stata l’invasione». «Il picco di presenze è stato registrato a giugno dello scorso anno quando i richiedenti protezione internazionale ospitati nei vari Cas erano 2.742 - ricorda -. Il rapporto tra questi migranti e i residenti è stato sempre inferiore al tre per mille, esclusi tre casi di piccoli centri del Baldo e della Lessinia. Ma va detto che già prima dell’arrivo dei centri per l’accoglienza, la presenza di cittadini di origine straniera nei comuni veronesi era significativa con valori superiori all’8% e in alcuni comuni della Bassa anche oltre il 15% senza che questo abbia manifestato reazioni di “rigetto” da parte della comunità». Detto che lo Sprar nel Veronese non è ancora decollato (solo tre Comuni, compreso il capoluogo, hanno ad oggi attivato propri centri), il «buco nero» individuato dalla ricerca è proprio quello dello scollamento tra le strutture di accoglienza e il territorio. «A parte nel momento dell’insediamento di un nuovo Cas e le proteste guidate dai politici locali - è spiegato nel rapporto -, le reazioni negative per lo più si fermano lì. Per quanto riguarda le amministrazioni comunali, i rapporti sono pressoché inesistenti e quasi tutte si comportano come se il Cas non ci fosse». Una «miopia» che rischia di avere ripercussioni sul lungo periodo, spiega il sociologo: «La vera sfida è quella dell’inserimento lavorativo di queste persone. Rischiano di rimanere sul territorio con il permesso di soggiorno, ma di essere isolati dal contesto».