Maraini: «Paura, clima che si riflette pure sulle donne»
La scrittrice al Polo Zanotto: «Anche nei Paesi evoluti si torna indietro»
«Pure nei Paesi evoluti c’è questa paura che influisce sull’emancipazione femminile: è la paura che fa chiudere le frontiere». Così la scrittrice e poetessa Dacia Maraini, ieri, al Polo Zanotto.
La poltrona vuota alla «prima» del festival lirico con le rose rosse della Fondazione Arena per ogni donna uccisa da inizio anno? «È il linguaggio dei simboli. Una bell’idea. Però ce ne vorrebbero migliaia, d’iniziative così». Polo Zanotto, ieri, chi parla è Dacia Maraini, scrittrice e poetessa, classe ‘36, toscana di Fiesole, e chi ascolta è l’auditorio dell’aula T4: lectio magistralis su «L’universo femminile». L’universo femminile come sta, Maraini?
«C’è una regressione rispetto alle conquiste degli anni 70. Diminuiscono i delitti, in Italia, ma il femminicidio cresce. Per me è una reazione all’autonomia». L’uomo che ha paura dell’autonomia della donna?
«Non dico l’uomo. Dico alcuni uomini. E anche alcune donne. È un fatto culturale, non di genere. Alcuni uomini non accettano di perdere certi privilegi, specie quelli che identificano la propria virilità col possesso».
Lo «Spazio di ascolto per uomini che agiscono violenza», qui a Verona, ha riassunto da poco quattro anni di casi: in buona parte gli uomini che
chiedono aiuto vengono da famiglie in cui da piccoli hanno assistito a violenze o forti conflitti...
«Può esserci l’elemento della “tradizione”, sì. Gli uomini più deboli sono proprio quelli che non accettano i conflitti, che non riescono ad affrontare le contraddizioni. Ma ci sono anche alcune donne che se la prendono tra di loro: “E tu perché andavi in giro con la gonna così corta?”». La scuola cosa può fare?
«Tantissimo. Ma è stata un po’ abbandonata. Tutto parte da lì. Bisognerebbe cominciare alle elementari con l’insegnamento del rispetto dell’altro. Dall’unità d’Italia a oggi ogni anno qualche partito ha presentato un progetto per l’educazione sessuale. Invano. Influenza della morale cattolica, si vede. Hanno paura di chissà che cosa. Io dico: chiamiamola allora “educazione ai sentimenti” visto che si tratta d’imparare a rispettare l’altro, a capire che l’amore non è possesso».
Iniziativa della Fondazione Arena: alla «prima» di Carmen una poltrona vuota in platea e 32 rose rosse come i femminicidi da inizio anno.
«È il linguaggio dei simboli e una certa efficacia ce l’ha. Ma per creare consapevolezza pubblica
non basta. Manca una legge dello Stato. Specie ora che il mondo torna indietro». Ossia?
«Pure nei Paesi evoluti c’è questa paura che influisce sull’emancipazione femminile. È la paura che fa chiudere le frontiere. Una paura, o “voglia di chiusura”, che si riflette anche sulla libertà delle donne: storicamente è sempre stato così».
Le prime parole da ministro della Famiglia del tradizionalista cattolico veronese Lorenzo Fontana rimano con quel clima generale di chiusura?
Le parole del ministro Fontana sulla famiglia tradizionale ? Nutrono il pensiero che l’ideologia debba precedere la realtà
«Direi di sì. Parliamo di persone che purtroppo fanno precedere l’ideologia alla realtà». Anche sui migranti c’è troppa chiusura?
«Io sono per l’accoglienza ma anche per piani condivisi con un’Europa che deve sentirsi impegnata nel risolvere il problema. E non sembra sia così. opodiché ricordo anche una cosa: proprio in Europa siamo quelli che di migranti ne hanno meno».