«Fuori tema in italiano, eroe in matematica»
«Sempre andato bene in italiano, sempre fatto mediamente schifo in matematica. Alla maturità, dunque, quelle uscirono. Nel primo caso andai fuori tema, nel secondo ebbi l’illuminazione divina e fui il primo a consegnare: non fu facile convincerli che non avevo copiato da nessuno». Vincitore del Premio Calvino 2018 per scrittori esordienti col suo «L’inverno di Giona», nella vita di tutti i giorni impiegato in un’azienda metalmeccanica, veronese della Valpolicella, classe ‘74, Filippo Tapparelli fa parte di coloro dei quali l’esame di maturità ha stilato un ritratto tutt’altro che fedele. «Andavo alle Montanari, in città, indirizzo magistrale. Il tema della prova d’italiano era l’insegnamento per i bambini sordomuti. Io invece mi lanciai in una proposta sull’insegnamento non verbale tout court: proiezioni di film in classe, visite a mostre, tutti i metodi per comunicare informazioni un po’ meno barbose del testo scritto: presi la sufficienza, “molto apprezzabile Tapparelli, però noi intendevamo un’altra cosa...”». Erano i primi anni Novanta. «C’era più rispetto tra professori e alunni, i primi t’insegnavano a stare al mondo e certe scuse di fronte ai brutti voti i genitori non se le bevevano. Io ho avuto la fortuna d’innamorarmi di molte materie grazie alla bravura di chi le spiegava. Ma chi le spiegava era valorizzato: oggi un precario da dieci anni che guadagna 1.200 euro al mese si domanda chi glielo fa fare».