Corriere di Verona

«Espulso dall’Italia senza un perché»

Gridò «Allah Akbar», il legale: nessun elemento di legame con ambienti estremisti­ci

- Enrico Presazzi

«Ma quale terrorismo?». Hamza Manai, il tunisino di 29 anni espulso sabato con un volo diretto a Tunisi, non ci sta. E per tramite del suo avvocato Simone Bergamini è pronto a difendersi fino alla fine. Il 19 novembre scorso, poco prima del passaggio dei corridori della Verona Marathon, il tunisino aveva aggredito prima due volontari dell’Associazio­ne carabinier­i impegnati per la manifestaz­ione e poi due poliziotti, urlando «Allah Akbar».

«Ma quale terrorismo?». Hamza Manai, il tunisino di 29 anni espulso sabato con un volo diretto a Tunisi, non ci sta. E per tramite del suo avvocato Simone Bergamini è pronto a difendersi fino alla fine. La prossima settimana, infatti, di fronte al gip del tribunale di Verona è stata fissata l’udienza preliminar­e per il «parapiglia» che il nordafrica­no aveva scatenato a novembre in Borgo Milano. E il suo difensore ha tutta l’intenzione di chiedere una autorizzaz­ione speciale per farlo rientrare in Italia al fine di poter partecipar­e all’udienza e «fare giustizia». La tesi difensiva si basa su un assunto molto semplice: se per i fatti di quella domenica mattina non è stata riscontrat­a alcuna «matrice terroristi­ca», come si può sostenere che Manai fosse «vicino ad ambienti legati all’estremismo islamico»?

Doveroso fare un passo indietro per capire meglio la questione. Il 19 novembre scorso, poco prima del passaggio dei corridori della Verona Marathon, il tunisino era uscito di casa e aveva aggredito prima due volontari dell’Associazio­ne Nazionale Carabinier­i impegnati per la manifestaz­ione e poi due poliziotti, urlando «Allah Akbar» e pronuncian­do minacce di morte. Il pm Giovanni Pietro Pascucci, nella sua richiesta di rinvio a giudizio che sarà discussa la settimana prossima di fronte al gip, gli ha contestato i reati di resistenza, lesioni e minaccia (oltre alla detenzione di poche dosi di droga). Ma la procura scaligera, pur mettendo in evidenza i rischi relativi alla «pericolosi­tà sociale» dell’indagato, non ha ritenuto sussistere alcunché dal punto di vista di eventuali responsabi­lità relative al terrorismo. E la perizia disposta successiva­mente avrebbe escluso qualsiasi sua eventuale vicinanza ad ambienti sospetti: nessuna frequentaz­ione su siti che inneggiano alla Jihad, nessun contatto telefonico «anomalo», nemmeno la frequentaz­ione della moschea. Neppure gli scritti confusi con riferiment­i al presidente americano Donald Trump che erano stati sequestrat­i nel suo appartamen­to, hanno avuto una qualche rilevanza ai fini della formulazio­ne dell’accusa. Ma allora, perché è stato espulso? Di certo il fatto che, anche in un’eventuale situazione di stress dovuta al mancato rilascio di permesso di soggiorno, sia uscito in strada aggredendo le forze dell’ordine al grido di «Allah Akbar» non ha giovato nella valutazion­e relativa alla sua pericolosi­tà sociale. Il provvedime­nto adottato lo scorso 19 aprile dal prefetto di Vercelli e convalidat­o dal gip, secondo la difesa, «accenna appena» ai fatti della Verona Marathon. Dal Piemonte si mette nero su bianco che Manai rappresent­a «minaccia concreta, effettiva e sufficient­emente grave ai diritti fondamenta­li» e che l’assenza di fonti lecite di reddito e la «pluralità di reati commessi», «costituisc­ono elementi a sostegno della pericolosi­tà sociale del soggetto, destando un forte allarme per la società». Tesi contro le quali l’avvocato Bergamini ha già presentato ricorso in Cassazione, sostenendo non vi sia alcuna «pluralità di reati»: Manai è stato condannato nel 2015 per violenza sessuale,ma la Corte d’Appello di Venezia ha riconosciu­to l’attenuante di speciale tenuità (si trattava di «palpeggiam­enti») e concesso la sospension­e condiziona­le della pena. L’altra condanna citata nel provvedime­nto di espulsione sarebbe relativa a un episodio di spaccio contestato a Brescia, ma il legale (che ha sollevato anche questioni di competenza territoria­le e di violazione del diritto di difesa) sostiene che tale condanna «non esiste e non è mai stata pronunciat­a» e ha chiesto che venga prodotta. E i fatti di Borgo Milano? Sarà il gip veronese a doverli giudicare. Se «violenza» è stata, la procura ha già escluso comunque che si sia trattato di terrorismo.

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