Decreto Di Maio, legastellati divisi
L’assessore della giunta Zaia, Marcato: portiamo un dossier a Roma. I grillini in Consiglio: le imprese si adeguino L’alleanza di governo si spacca in Veneto, il Carroccio tuona: taglia le gambe alla ripresa
«Il decreto Dignità taglia le gambe alle imprese. Sono in molti ad avere organici che variano per brevi periodi, penso al turismo e agli stagionali. Il nostro tessuto imprenditoriale è questo: turismo e piccole e medie aziende, soggetti di cui vanno capite le esigenze». Il segretario regionale della Lega Toni Da Re apre lo scontro all’interno della maggioranza di governo Carroccio-M5s sul decreto Di Maio. L’assessore della giunta Zaia, Roberto Marcato, convoca un tavolo con le categorie. Ma i grillini replicano: «Le imprese si adeguino».
Invitiamo il governo a tornare allo sviluppo e non alla burocrazia
Massimo Colomban, colonna degli imprenditori veneti e una parentesi romana nella giunta Raggi che l’ha catapultato sotto i riflettori della politica quando l’onda grillina ancora doveva assumere le proporzioni di uno tsunami, oggi misura le parole. «Perché - spiega Colomban - troppo spesso le mie parole sono state distorte». Certo è che sul decreto Dignità, un paio di cose da dire le ha. «Parlo a nome degli imprenditori di Rete Sì, specifica - e dico che tutte le misure che irrigidiscono la flessibilità del lavoro e dell’impresa non sono viste positivamente. Io spero che questi nuovi governanti - in cui molti imprenditori hanno riposto la propria fiducia - capiscano e verifichino che alle imprese e alle partite Iva corrispondono il 66%, i due terzi delle entrate dello Stato». Tanto per cominciare, quindi, il peso specifico delle associazioni di categoria, dalla tonante Confindustria dei giorni scorsi in giù, non va sottovalutato. «Quindi noi imprenditori speriamo che questo esecutivo non faccia gli errori dei governi dell’ultimo decennio - scandisce Colomban ingessando la flessibilità e tassando fuori misura le imprese hanno creato una crisi che si perpetua da dieci anni e che ci vede agli ultimi posti in Europa come reddito e crescita».
I paletti che riducono di molto i margini di manovra ad esempio sui contratti a termine, insomma, non piacciono e l’invito di Colomban è chiarissimo: «Come Rete Sì, quindi, invitiamo il governo a ritornare allo sviluppo e non alla burocrazia se vogliamo vedere l’occupazione crescere e così il reddito dei cittadini migliorare».
L’imprenditore, 69 anni, che ha legato il suo nome ai fasti di Permasteelisa (di cui è fondatore e presidente onorario) e al maniero di Cison di Valmarino, nel Trevigiano, fatto rinascere come hotel di lusso.
Però Massimo Colomban, 68 anni, fino all‘ottobre 2017 è stato assessore alle Partecipate del Comune di Roma. Un ruolo che aveva dato lustro alla famiglia veneta degli «imprenditori con una visione». Si è detto che Beppe Grillo, in tempi non troppo remoti lo volesse al dicastero dell’Economia ma, prima, lo convinse a «dare una mano» al sindaco Virginia Raggi a Roma. E in una posizione fra le più delicate, quella dell’assessorato alle Partecipate. Il piglio nordestino intraprendente e dinamico, nella Capitale ha cozzato contro una stratificazione quasi geologica di problemi inestricabili. Al punto che l’esperienza si è conclusa anzitempo.
E così, in questi mesi, l’imprenditore è rimasto alla finestra, osservando - sopracciglio alzato - lo scandalo dei versamenti mancati da parte dei parlamentari pentastellati e, nello stesso periodo, l’adieu dell’amico David Borrelli, europarlamentare del M5S con cui Colomban ha condiviso
buona parte della visione imprenditoriale e di riforma. Ecco, parentesi poco felice nella Città Eterna a parte, Colomban resta un imprenditore più che un politico a cinque stelle.
Ha tradotto in acciaio e vetro le visioni di archistar come Frank Gehry, Norman Foster e Richard Rogers. Ha partecipato a due delle cinque torri sorte su Ground Zero a New York, sue alcune sedi dell’Unione europea e anche quella di Apple a Cupertino.
Giusto per dire che le stellette guadagnate sul campo del business sono tante e che la bocciatura, pacata ma ferma, dei provvedimenti contenuti nel decreto dignità pesano.
Del resto, lo stesso Colomban, in passato aveva sottolineato come molti, nel Movimento 5 Stelle, seppur animati dalle migliori intenzioni, sul fronte economia e imprese non fossero particolarmente ferrati.