Uteco e Vibemac il made in Verona che passa di mano
Da un lato, la Vi.Be.Mac di San Giovanni Lupatoto (macchine da cucire) il cui 80 per cento è ora posseduto dall’azienda cinese Jack Sewing. Dall’altro, la Uteco Converting di Colognola ai Colli (macchine per la stampa) il cui 81% del capitale passa a NB Renaissance Partners, sigla del private equity nata da Intesa San Paolo e Neuberger Berman.
I cinesi «calano» su via Monte Pastello, zona industriale di San Giovanni Lupatoto. È la stessa strada del pastificio Rana e di altre aziende storiche del Veronese. L’obiettivo – raggiunto – è la Vi.Be.Mac, che produce macchine da cucire per l’industria. Da ieri, con la firma ufficiale avvenuta in municipio, è posseduta, all’80%, dalla Jack Sewing, azienda con sede a Taizhou, grossa città (sei milioni di abitanti) non lontana da Shanghai.
Un momento vissuto come solenne e che ha portato nella cittadina una nutrita delegazione di manager cinesi. Tra questi Jixiang Ruan, fondatore del gruppo. «Italia e Cina collaboreranno – ha detto – facendo crescere entrambi i territori». Il patto è chiaro: nessuna delocalizzazione, piuttosto investimenti incrociati, per penetrare nei rispettivi mercati e scambiarsi il know how. Arriverà anche qualche assunzione. Quella lupatotina non è la prima operazione di shopping della Jack Sewing in Italia. Prima c’è stata la bergamasca Maica. «L’abbiamo acquisita con un fatturato di quattro milioni – annuncia trionfante Ruan – ora è a dieci. Con un nuovo e più ampio capannone per la produzione».
Il blitz ha un valore complessivo di 22 milioni e 800mila euro. Il resto delle quote, il 20%, rimarrà in mano alla famiglia Guerreschi, che l’ha fondata nel 1980. È la nuova «faccia» della globalizzazione, dopo la conquista asiatica del mercato al dettaglio, grazie al basso costo della produzione, ora si passa all’acquisizione delle imprese. Ma per i lavoratori e forse anche per il sistema industriale italiano, questa tendenza si potrà tradurre in un’opportunità.
Alberto Guerreschi, Ceo di Vi.Be.Mac, la presenta come una soluzione «win-win». «Qualcuno dall’esterno potrebbe pensare che siamo in difficoltà, che vendiamo per non chiudere – ha affermato ieri dopo la firma che ha sancito il passaggio delle quote – nulla di più distante dalla realtà. Abbiamo un fatturato di 13 milioni e siamo in crescita. Siamo una realtà sana, che ha investito durante la crisi. Questa operazione nasce da lontano, dopo anni di contatti, ed è mirata all’espansione».
Lo scambio sarà prettamente tecnologico. La Jack (350 milioni di fatturato) è specializzata nella linea di macchine da cucire standard. Prodotti che vengono venduti alle aziende di abbigliamento, per la cucitura di abiti (soprattutto camice). La Vi.Be.Mac., invece detiene dei brevetti di macchine automatiche, con funzioni «smart» in grado di guidare l’addetto. E la specialità dell’azienda lupatotina è la cucitura del tessuto denim. E qual è il Paese in cui il mercato dei jeans è maggiormente in espansione: la Cina, appunto, come ha ricordato sempre Ruan. «Due linee che vanno insieme, se si vuole avere un mercato completo – afferma Guerreschi – anche noi ne guadagneremo in termini di conoscenze».
Ultima, ma non per importanza, la questione delle reti commerciali. Vendere in Cina può rivelarsi difficile e avere i giusti canali aiuta. Ecco che potrebbero essere le macchine da cucire prodotte in Italia ad approdare in Cina, oltre che l’inverso. Alla firma era presente anche il sindaco Attilio Gastaldello: «Questo è un esempio di globalizzazione intelligente: è passato il concetto che sradicare una realtà ben inserita in un territorio non conviene ed è sempre meglio investire nel luogo che ha prodotto un tessuto industriale d’eccellenza».