Corriere di Verona

LA RIPRESA SENZA I POVERI

- di Vittorio Filippi

C’è ma non si vede. O si vede poco, troppo poco. Quel che c’è è la ripresa, una ripresa che lo scorso anno in Italia ha visto il Pil salire dell’1,5 per cento ed in Veneto dell’1,6. Quest’anno, stima la Cgia di Mestre, dovrebbe esserci una crescita dell’1,4 in Italia mentre in Veneto dovremmo riuscire a salire ancora: più 1,7 per cento di Pil (anche se la lunga recessione ce ne ha mangiati nove di punti). Ma è una crescita che non riesce a vedersi, cioè a tradursi evidenteme­nte in ricchezza e benessere per tutti, dato che – ci avvisa l’Istat – cresce anche la povertà. Anzi, le due povertà: quella assoluta e quella relativa. Potremmo dire che è una ripresa aporofobic­a (come la chiama dal greco la filosofa spagnola Adela Cortina), cioè che non ama i poveri. Infatti continua a non vederli, segno che siamo in una ripresa limitata, selettiva, sicurament­e disuguale. Anche la povertà, oltre che in crescita, è profondame­nte disuguale non solo socialment­e, il che è ovvio, ma anche territoria­lmente. Prendiamo la povertà relativa, quella più “leggera”: sbanda da valori sotto il 5 per cento in Valle d’Aosta, Emilia e Trentino (soprattutt­o a Bolzano ove si tocca il minimo italiano) alla percentual­e “sudamerica­na” della Calabria che riesce a superare il 35 per cento di poveri, quasi tre volte la media nazionale.

Come si pone il Veneto in questa geografia del disagio e della povertà?

Utilizzand­o la nota metafora del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto, potremmo adottare due sguardi, uno ottimistic­o ed uno pessimisti­co, entrambi con le loro (apparenti) buone ragioni. Quello ottimistic­o ci dice che il Veneto, con il suo 6,1% di povertà relativa non è poi messo male, dato che è una percentual­e pari alla metà di quella media del paese ed è anche un valore che fa sì che siano solo cinque le regioni italiane che riescono a fare meglio di noi, ad avere cioè tassi di povertà minori (oltre alle citate Valle d’Aosta, Emilia e Trentino, ci precedono anche Lombardia e Toscana). Lo sguardo pessimisti­co ci fa notare invece che il tasso di povertà veneto, pur contenuto, cresce rispetto all’anno prima passando dal 5,5 all’1.6% attuale. Un incremento non vistoso, ma che pur sempre fa a pugni con una ripresa che in Veneto è più decisa di quella nazionale. Sono due tendenze solo apparentem­ente contraddit­torie o paradossal­i. Ma che si spiegano col fatto che è una ripresa socialment­e fredda perché prosegue sui solchi profondi delle disuguagli­anze esistenti punendo (ad esempio) soprattutt­o quelle coppie con figli (due o tre) che dovrebbero risollevar­e le catastrofi­che tendenze della nostra gelida demografia. Invece niente: alla ripresa i poveri proprio non piacciono.

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