Profughi, il giudice: «Una mamma non si espelle»
Verona, protezione concessa a una nigeriana: «Ogni bimbo ha diritto di crescere in famiglia»
«I figli hanno diritto di essere educati all’interno del nucleo familiare per conseguire un idoneo sviluppo della loro personalità». Con queste motivazioni il tribunale di Venezia ha concesso la protezione umanitaria a una profuga nigeriana madre di una bimba.
Se la profuga è mamma, non può essere espulsa. E questo, perché «i figli hanno diritto di essere educati all’interno del nucleo familiare per conseguire un idoneo sviluppo della loro personalità». Di conseguenza, a una migrante africana ospite di una struttura d’accoglienza di Verona è stato concesso «il diritto al riconoscimento della protezione umanitaria ai fini del rilascio del relativo permesso di soggiorno nel territorio italiano». L’ordinanza è del tribunale civile di Venezia ed è stata depositata la scorsa settimana. È una delle prime, di questo tipo, almeno in Veneto. Protagonista, una nigeriana di 21 anni sbarcata sulle nostre coste nel 2015 assieme al marito. Alla Commissione territoriale di Verona che si occupa del riconoscimento della protezione, aveva raccontato di essere fuggita dal Paese natìo perché minacciata dalla setta degli Aye, alla quale il compagno aveva rifiutato di aderire. Per questo, dalla Nigeria – dopo una tappa in Libia – era arrivata in Italia. Nell’aprile del 2017, i commissari avevano però respinto la richiesta di asilo giudicando la vicenda poco credibile. Impressione confermata anche dal tribunale di Venezia, al quale la donna si era appellata con l’avvocato Paolo Tacchi Venturi.
Il giudice Silvia Zeminian, nell’ordinanza definisce la storia narrata dalla richiedente «generica, poco circostanziata, oltre che in linea generale scarsamente plausibile (…) né può ritenersi provato che sia stata sottoposta ad atti di persecuzione né che vi sia pericolo possa subirne in caso dovesse fare rientro nel suo Paese».
Insomma, non avrebbe alcun titolo per restare in Italia. A ribaltare però un risultato che appariva scontato, c’è il fatto che lei e il marito a marzo 2016 hanno avuto una bambina. «Tale circostanza si legge nel dispositivo - giustifica il riconoscimento della protezione umanitaria al fine di garantire l’unità familiare». Il tribunale di Venezia cita diverse sentenze della Corte costituzionale dalle quali «emerge un principio, in base al quale alla famiglia deve essere riconosciute la più ampia protezione e assistenza in vista della responsabilità che entrambi i genitori hanno per il mantenimento e l’educazione dei figli minori, trattandosi di diritti umani fondamentali».
Per l’avvocato Tacchi Venturi è una decisione sacrosanta: «Il giudice ha esteso l’interpretazione di ciò che si intende per “diritto alla salute” di ogni persona, bimbi compresi. Occorre considerare che, se la madre-migrante venisse allontanata dall’Italia, la figlioletta si ritroverebbe privata della presenza di uno dei genitori e quindi dovrebbe crescere in una condizione di forte vulnerabilità».
A leggerla in questo modo, parrebbe quindi che tutte le mamme (e, perché no, i papà) avranno diritto all’accoglienza. «Il principio espresso dal giudice di Venezia tutela i minori – avverte il legale della donna – ma non è detto verrà applicato da tutti i tribunali. Di fatto, è probabile che i giudici si limitino a salvaguardare i bambini più piccoli, e quindi i più bisognosi delle cure materne».
Il giudice «Protezione necessaria anche se il racconto sulle persecuzioni non è plausibile»