Tunisino espulso per terrorismo Ma il perito del pm lo scagiona
Per il consulente della procura, Manai «non è pericoloso»
Il 19 novembre scorso, poco prima del passaggio dei corridori della Verona Marathon, aveva aggredito due volontari dell’Associazione Nazionale Carabinieri e due poliziotti, urlando «Allah Akbar» e pronunciando minacce di morte. Due sabati fa, il 30 giugno, Hamza Manai, tunisino di 29 anni, è stato espulso con un volo diretto a Tunisi per «legami sospetti con il terrorismo»: da quel giorno, attraverso il suo legale Simone Bergamini, il nordafricano non si rassegna e continua a protestare la sua innocenza chiedendo di tornare in Italia. E ieri, di fronte al gup Paola Vacca, si è tenuta l’udienza preliminare per la «malparata» attuata dal tunisino lo scorso novembre alla Verona Marathon. In aula, la difesa ha giocato il suo «jolly», portando in udienza una consulenza disposta dal pm Giovanni Pietro Pascucci per accertare la pericolosità o meno dell’indagato. Ebbene, stando a tale analisi eseguita da un esperto per conto del pm ,sarebbe emersa la «non pericolosità» di Manai, riguardo a cui non sarebbero venuti alla luce riscontri di legami con frange estremiste o terroriste. A fronte di tale consulenza, la difesa ha quindi ottenuto ieri dal gup il differimento a novembre del procedimento in modo da poter nel frattempo riuscire a farlo rientrare in Italia al fine di poter partecipare all’udienza e «fare giustizia». Per ottenerlo, l’avvocato Bergamini ha già presentato ricorso davanti al Tribunale civile di Torino contro l’espulsione di Manai decretata dal prefetto di Vercelli. Per discuterne, l’udienza è stata fissata a settembre. Per i fatti di novembre, invece, il pm Pascucci ieri gli contestava in udienza preliminare i reati di resistenza, lesioni e minaccia (oltre alla detenzione di poche dosi di droga). A casa del tunisino, erano stati sequestrati alcuni scritti generici su Donald Trump, ma neppure quelle frasi confuse secondo l’accusa varrebbero a dimostrare una qualche pericolosità di Manai. Stando al prefetto di Vercelli che lo ha espulso per sospetti rapporti con frange di matrice terroristica, invece, il nordafricano costituirebbe «minaccia concreta, effettiva e sufficientemente grave ai diritti fondamentali». Inoltre «l’assenza di fonti lecite di reddito e la pluralità di reati commessi», rappresenterebbero «elementi a sostegno della pericolosità sociale del soggetto, destando un forte allarme per la società». Tesi che la difesa conta di smontare davanti al giudice civile: Manai era stato condannato nel 2015 per violenza sessuale,ma la Corte d’Appello di Venezia ha riconosciuto l’attenuante di speciale tenuità (si trattava di «palpeggiamenti») e concesso la sospensione condizionale della pena. L’altra condanna citata nel provvedimento di espulsione sarebbe relativa a un episodio di spaccio contestato a Brescia, ma il legale sostiene che tale condanna «non esiste e non è mai stata pronunciata».