Vecchie auto in arrivo la stangata
Le vetture con più di vent’anni hanno pagato meno ma ora la Regione «deve» incassare
In questi giorni la Regione Veneto sta incassando sei milioni di tasse che non voleva. Sono i bolli delle auto dai 20 ai 29 anni di età, le cosiddette auto storiche, prima in regime di esonero e ora non più. Lo fa controvoglia, con qualche imbarazzo, dicendosi impossibilitata a rifiutare, ma lo fa, il che la rende il primo gabelliere riluttante nella storia delle istituzioni pubbliche e, quel che più importa, fa di noi veneti gli automobilisti i più scornacchiati del Nord Italia.
Chi – per dire – possiede una Panda o una Ritmo con più di 20 anni iscritta al registro Asi (Automotoclub Storico Italiano, 100, 150 euro di iscrizione all’anno a seconda del club federato di appartenenza), fino al 2016 era tenuto a corrispondere un bollo a tariffa ridotta. Adesso non più, paga il bollo per intero, come fosse nuova, anzi vecchia: 3 euro per kilowatt o 2,50 a seconda di quanto inquina. Il proprietario di Panda da 37 kw sborsa 111 euro, quello di un’Alfa 164 3.0 V6 da 230 cavalli 517 (250 di bollo più 267 di superbollo). Sono tutte auto che hanno più di 20 e meno di 30 anni.
Al di là del Mincio, in Lombardia e anche in Emilia Romagna, ci si regola diversamente: i lombardi possessori di una «ventennale» pagano 30 euro l’anno per gli autoveicoli e 20 per le moto, gli emiliani 25,82 euro le auto e 10,33 le due ruote. Uguale trattamento vale per gli automobilisti della provincia di Trento con il paradosso che alcuni patentati di confine, come a Borgo Valsugana, pagano cifre difformi a seconda di dove cadono, se sotto l’amministrazione di Trento o quella di Venezia. Il Piemonte fa uno sconto del 10%, il Lazio e l’Umbria anche. Insomma non c’è regione che sia uguale alle altre, fatto sta che noi, in Veneto, come i maiali di Orwell, siamo più uguali di tutti.
Gli automobilisti dei vecchi catorci, gli amanti del vintage a ruote e tutti gli appassionati dell’auto d’epoca sono furiosi. Come è potuto accadere? Accadde che, con la legge di stabilità 190 del 2015, Renzi abolì le agevolazioni per i veicoli storici ventennali. All’inizio del 2016 il Veneto si dichiarava sovrano e reintroduceva la norma testè abolita. Il governo centrale impugnò la legge, trascinò il Veneto davanti alla Corte Costituzionale che gli dette ragione: la tassa è vostra, disse in sostanza la Consulta, la riscuotete voi e vostri sono i proventi, ma è lo Stato a decidere l’ammontare.
Già nel 2016 i più avveduti possessori di «catorci» avevano capito l’antifona ed erano corsi a pagare, ma la maggioranza, un po’ perché ignara un po’ perché la confusione era tanta: gli esempi di Emilia Romagna e Veneto facevano sperare chi non ha mai pagato. Fino a ora. Perché ora fioccano le cartelle. Chi non ha corrisposto il 2016 si vede addebitare la somma dovuta più la penale (il 30 per cento), poi verrà quella del 2017 e, a meno che non corra subito in posta a pagare, vedrà anche quella dell 2018. In totale sono 6 milioni di euro.
Quanti sono gli sventurati? Molti, 15mila almeno, una platea che Stefano Chiminelli, presidente del Circolo Veneto «Giannino Marzotto» di Bassano descrive nel panico: «Chi possedeva una ventennale se ne sta disfando, bisarche intere di auto partono ogni giorno per la Germania e l’Olanda con un danno patrimoniale per tutta la filiera e l’indotto della auto storiche».
In Veneto sono 33 i club affiliati all’Asi e perciò autorizzati a emettere certificati di storicità: con i soci in fuga e le tessere non più rinnovate, hanno l’acqua alla gola. Il piccolo collezionismo, quello di tanti normali appassionati che curavano con amore la loro «vecchia», d’improvviso è in crisi, i proprietari si sono visti azzerare il prezzo di mercato delle loro auto (il bollo agevolato lo teneva alto) e da un giorno all’altro, messi davanti all’alternativa tra tenersi il bollo o l’auto, i più hanno preferito disfarsi del mezzo.
Nell’ultimo anno le iscrizioni all’Historic Car di Schio sono scese del 60 per cento tanto che hanno dovuto licenziare una segretaria. Chiminelli di Bassano aveva fornito per tempo alla Regione un dettagliato rendiconto dei costi-benefici che la batosta avrebbe generato, alla fine dei quali si dimostra una perdita netta per il fisco.
Gianluca Forcolin, assessore regionale ai tributi, stima che «il parco storiche generava in Veneto un indotto di 200 milioni di euro tra manutenzione, gommisti, meccanici, raduni ed eventi. Supponendo che la stangata li riduca a 180, la fiscalità generale ci perde 10 milioni».
L’assessore insiste: «In settimana sarò a Roma per riaprire la partita con il Governo, non è detta l’ultima parola» ma, intanto, chi ha pagato e chi lo deve fare, difficilmente vedrà indietro i propri soldi. Per addolcire la bastonatura l’assessore Forcolin ha stabilito che 600mila euro dei 6 milioni incassati saranno restituiti ai club sotto forma di sovvenzioni per le attività qualora rivolte allo sviluppo turistico e culturale. «Forse potrò riassumere la segretaria - commenta il vicepresidente dell’Historic Club di Shio, Carlo Studrick – non certo rimettere i bolli in tasca a chi ha pagato. E poi, come giustifichiamo le spese da presentare a rimborso? Pranzi gratis al ristorante? Benzina per tutti? I soci sono fregati in ogni caso».
Resta il mistero glorioso, quello meno comprensibile e irritante, del perché in Veneto si paga e in Emilia Romagna e in Lombardia no. «Non eravamo simpatici a quel tempo» dice l’assessore Forcolin. Il Veneto, all’indomani della legge di stabilità del 2015 ha contrapposto una sua legge in aperto contrasto la quale riesentava le ventennali, Roma l’ha presa male, ha reagito e ha vinto.
Con la regione Lombardia e con l’Emilia non ci ha neanche provato. Le due regioni avevano già una loro legge sulle «ventennali», precedente a quella di stabilità, tanto che l’allora assessore Garavaglia ora vice ministro - si limitò a emanare una delibera di giunta in cui si spiegava che, bene, lo Stato ha ragione e noi aboliamo la nostra vecchia legge: tutta, salvo l’articolo 48 (proprio quello delle esenzioni). Roma non fece una piega e non la fece neanche con l’Emilia Romagna che si comportò allo stesso modo. Lo Stato ha tempo 60 giorni per contestare una legge regionale, passati i quali la legge resta. Lombardia e Emilia Romagna sono inattaccabili.
Il Veneto mancava di una sua legge in proposito (applicava la legge nazionale sulle esenzioni e basta), se ne fosse stato zitto forse la passava liscia, e invece no, ha voluto legiferare di suo, l’ha fatto in aperto contrasto con Roma e l’ha presa sui denti. A dolersene sono i 15mila automobilisti veneti, vittime di un afflato autonomista tardivo, condotto male e fuori tempo massimo.