Servizi sociali per Giacino, farà il segretario. La Lodi? L’apprendista pasticciera
Via libera dei giudici all’affidamento in prova. Così eviteranno il carcere
Le pene
Per l’ex politico la pena da scontare è di 23 mesi, per lei poco meno di 12 mesi
Tutto come da previsioni.Il semaforo verde dei giudici si è acceso nella tarda mattinata di ieri: per evitare il carcere, Vito Giacino aiuterà come segretario il fratello avvocato, Alessandra Lodi farà l’apprendista pasticciera.
Sciogliendo una riserva che si protraeva ormai da una settimana, il Tribunale di Sorveglianza dell’ex Mastino ha dunque concesso all’ex vicesindaco di Verona e alla moglie (sospesi dall’esercizio della professione di avvocato dall’inizio delle loro vicissitudini giudiziarie nell’autunno del 2013) la pena alternativa dell’affidamento in prova ai servizi sociali. Tutti e due giudicati responsabili in via definitiva dalla Cassazione del reato di «nuova concussione» («induzione a dare e/promettere utilità, sanzionato dall’articolo 419 quater del codice penale) per la vicenda delle «false» parcelle di lei, l’ex assessore all’Urbanistica e la consorte devono scontare un residuo di pena che ammonta a un anno e 11 mesi per lui, e a poco meno di un anno per lei.
La coppia, che deve espiare tali condanne nell’ambito di uno dei processi scaturiti dalle denunce del costruttore Alessandro Leardini, lavoreranno a Verona sotto il controllo dei servizi sociali: l’ex politico presterà servizio sbrigando compiti da segretario presso lo studio legale del fratello Edoardo, anche lui avvocato; la Lodi invece, che pare coltivi da sempre la passione dell’arte dolciaria, lavorerà come apprendista in una pasticceria della città. Tutelati davanti ai giudici di Sorveglianza dall’avvocato Gilberto Tommasi, i coniugi avevano già ricevuto l’«ok» all’affidamento in prova dal Pg di Venezia Giovanni Cicero e lunedì scorso la loro istanza era stata analizzata nel corso dell’udienza che si è tenuta davanti al tribunale di Sorveglianza presieduto da Giovanni Maria Pavarin, affiancato come giudice relatore dal collega Andrea Mirenda. In aula Giacino e Lodi avevano assistito alla discussione e risposto alle domande dei magistrati, che avevano una settimana di tempo il responso.
Per Giacino e Lodi lo scandalo delle mazzette che Leardini li accusava di aver preteso per non bloccargli le pratiche urbanistiche in Comune, dall’iscrizione sul registro degli indagati di fine 2013 si era tradotta il 17 febbraio 2014 nell’arresto: 14 i mesi trascorsi da entrambi in stato di detenzione (lei ai domiciliari, lui all’inizio in carcere, poi ai domiciliari da giugno 2014). Tali restrizioni vennero poi revocate il 15 aprile 2015. Nel frattempo, avevano preso il via i vari processi: in primo grado il gup Giuliana Franciosi condannò a 5 anni l’ex politico e a 4 anni la moglie. La Corte d’Appello di Venezia il 29 aprile 2016 modificò il quadro accusatorio con la sentenza di secondo grado, riducendo il «conto» da pagare a tre anni e 4 mesi per Giacino e a due anni e 4 mesi per la Lodi in relazione alle «finte» consulenze di lei (fatturate ma - per l’accusa - in realtà mai effettuate). I magistrati lagunari, nel contempo, li avevano invece assolti per la maxi tangente di un milione e 270mila euro chiesta e promessa nel 2011 e per i 100mila euro in contanti versati nello stesso anno.
A giugno 2017 ci pensò la Cassazione a scompigliare ancora una volta la situazione: accogliendo in parte il ricorso dell’allora Pg Antonino Condorelli, gli Ermellini da un lato confermarono, rendendo irrevocabili, le condanne decretate dalla Corte d’Appello per la «nuova concussione» e le «false consulenze»; dall’altro lato, annullò invece le assoluzioni del secondo grado ordinando un altro processo d’Appello previsto dopo l’estate 2018. Intanto, però, la coppia rischiava il carcere per le pene rese definitive dalla Suprema Corte: di qui l’affidamento in prova concesso ieri e «l’esito positivo del periodo di prova, la cui durata coincide con quella della pena da scontare, estingue la pena ed ogni altro effetto penale».