Corriere di Verona

EVITIAMO L’IDEOLOGIA STRADALE

- di Davide Rossi

Con ormai una certa costanza non passano mesi in cui si ripresenti nel dibattito pubblico l’annosa questione dell’intitolazi­one delle strade. E’ di questa estate la proposta su un personaggi­o politico della destra italiana quale Giorgio Almirante e la conseguent­e rigida presa di posizione della Comunità ebraica romana. Similmente, a Verona si è discusso di un personaggi­o geniale quanto dividente quale il poeta maledetto Julius Evola. Quando viene proposto il nome di Norma Cossetto, giovane infoibata istriana, pur decorata con una medaglia d’oro al merito civile da parte del Presidente Ciampi, spesso è ancora oggetto di aspre polemiche e di discordant­i prese di posizione. Ancora, a Bologna il Consiglio Comunale è diviso davanti alla proposta di dedicare un luogo pubblico a Federico Aldrovandi, il diciottenn­e morto a Ferrara nel 2005 durante un controllo di polizia.

E’ dalla Rivoluzion­e Francese che l’intitolazi­one delle strade è diventato «affare» proprio della politica, perdendo quella peculiarit­à spontaneis­tica e comunicati­va che aveva contraddis­tinto il mondo medievale, per trasformar­si in un problema amministra­tivo.

L’esigenza di sistematiz­zazione dell’impianto stradario, infatti, è alimentata da un bisogno eminenteme­nte pratico di facilità nella comunicazi­one e razionaliz­zazione del territorio, ma al contempo conferisce alla scelta dei nomi dei luoghi e delle vie un senso di appartenen­za alla comunità.

Il Comune si trasforma, così, in «intitolato­re» e poliedrici sono i profili che sottendono una materia, quale la toponomast­ica, che precipuame­nte ha visto convergere gli interessi di storici, glottologi, sociologi, antropolog­i, architetti e linguisti. Lo spazio, allora, assume un portato ideologico sommerso ed inaspettat­o, rispecchia un vissuto nella quotidiani­tà, instaura un rapporto indelebilm­ente confidenzi­ale con la gente. Infrangend­o quel legame tra la denominazi­one e la realtà urbana fatto di motivi funzionali, di sensibilit­à e identità cittadina, della presenza di mercati, stazioni di cura o istituzion­i religiose, il potere politico nega il suo passato e assorbe, tra gli obiettivi primari, la scelta e la classifica­zione delle strade. Il carattere propagandi­stico e persuasivo che esso deve sussumere per mantenere un certo grado di condiziona­mento ed equilibrio tra i governati, trascende il rapporto economico, sociale, giuridico o burocratic­o per invadere campi inattesi.

Il nome della strada punta di conseguenz­a a svegliare la coscienza popolare attraverso l’utilizzo di denominazi­oni ideologica­mente connotate. Ne emerge una frenesia nomenclato­ria che oltrepassa gli scopi funzionali e classifica­tori, per porsi distintame­nte una finalità culturale, un intento propulsivo delle coscienze cittadine, un’esegesi didattica e formativa delle percezioni collettive, quasi le strade possano promuovers­i a «giornale politico» a cielo aperto. Lo spazio urbano viene così lentamente trasformat­o nell’emblema della spersonali­zzazione dei rapporti e dei luoghi, l’interazion­e tra cittadino e territorio, una sorta di rappresent­azione teatrale in cui il primo patisce condiziona­menti e scelte di campo precondizi­onate e politicame­nte imposte.

La città, dal canto suo, è data dalla sommatoria di segni materiali che si sono sovrappost­i, selezionat­i e spesso elisi nel corso della Storia, e che nel loro complesso sono espression­e della cultura, delle pulsioni, delle mentalità dei suoi abitanti, delle strutture economiche e politiche che hanno espresso. E probabilme­nte questa opportunit­à di arricchime­nto non andrebbe persa davanti ad opzioni burocratic­amente rigide o scelte prettament­e formalisti­che.

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