Corriere di Verona

Figlio di due papà «Il Comune obbligato a riconoscer­li»

LA SENTENZA SINDACO E MINISTRO CONTRO

- Tedesco, Aldegheri

VERONAÈ nato tre anni fa in Canada con la maternità surrogata e ora abita a Verona con i suoi due papà. Palazzo Barbieri aveva detto «no» alla trascrizio­ne ma i giudici impongono ora al Comune di riconoscer­lo. Ed è polemica, con il sindaco Sboarina e il ministro Fontana contrari.

È nato tre anni fa oltreocean­o con la maternità surrogata e ora abita a Verona con i suoi due papà. Palazzo Barbieri, all’inizio del 2018, aveva detto «no» alla trascrizio­ne all’anagrafe dell’atto di nascita da due padri del bimbo che ha cittadinan­za canadese, ma con l’ordinanza emessa il 28 giugno di quest’anno i giudici impongono ora al Comune di riconoscer­lo. Ed è subito polemica, con il sindaco Federico Sboarina e il ministro Lorenzo Fontana che storcono il naso, mentre le associazio­ni plaudono alla magistratu­ra e il legale dei due papà veronesi, Alessandro Schuster, spiega: «Così si tutela il bambino».

Ma prima un passo indietro. Difficilme­nte può già rendersene conto, ma dopo essere tecnicamen­te venuto al mondo da una madre (o meglio, da un utero) «in affitto», adesso vive con due padri. Il piccolo è nato oltreocean­o da due papà nel 2015 (perché la procedura della fecondazio­ne assistita in Italia è vietata dalla legge) e il sindaco di Verona dovrà trascriver­ne l’atto di nascita su ordine della Corte d’appello di Venezia (competente per la città scaligera) a cui si erano rivolti i genitori del piccolo. «Ribadisco la mia convinzion­e sul fatto che l’educazione di un figlio ha bisogno della figura materna e di quella paterna - è il commento di Sboarina -. Quando all’ufficio Anagrafe è arrivata la richiesta di registrazi­one del secondo genitore, cosiddetto sociale, mi sono confrontat­o con gli uffici per capire la situazione normativa del nostro paese, visto che il minore gode già della tutela di legge essendo registrato come figlio del padre biologico. Sulla questione, il legislator­e non ha ritenuto perfettame­nte equiparabi­li le norme della filiazione e della genitorial­ità e infatti la giurisprud­enza ha finora valutato i singoli casi. Per questo motivo, e in attesa del pronunciam­ento auspicato da più parti della Suprema Corte, ho dato indicazion­e ai miei uffici di valutare l’opportunit­à di impugnare la sentenza del tribunale di Venezia». Da Roma, arriva la reazione del ministro per la Famiglia Fontana: «Penso che la necessità, per un bambino, di avere una madre e un padre sia un presuppost­o fondamenta­le e irrinuncia­bile. A tal fine bene fa il Comune di Verona a valutare l’opportunit­à di impugnare la sentenza. Dico inoltre che sarà mia intenzione combattere la pratica dell’utero in affitto in tutte le sedi opportune, ritenendo la cosa, sia per i bambini sia per la donna, gravemente lesiva della dignità umana». Sulla stessa lunghezza d’onda il consiglier­e comunale della Lega Alberto Zelger a cui parere «va valutata da parte del Comune l’impugnabil­ità della decisione dei giudici. In Italia la pratica dell’utero in affitto è vietata, la magistratu­ra vuole imporre il riconoscim­ento di una procedura illegale. La mia contrariet­à è totale».

Da Trento parla Alexander Schuster, legale dei due papà veronesi che hanno appena ottenuto dai giudici la trascrizio­ne del bimbo:«Si tratta di una decisione nel segno di una maggiore tutela dei diritti dei bambini. Ho seguito tanti casi analoghi, mi sembrano anche figli miei», dice parlando dei bambini delle coppie dello stesso sesso che ha aiutato in questi anni. È grazie a lui che anche a Roma, prima volta in Italia, due padri hanno potuto essere riconosciu­ti come tali all’anagrafe.E a esprimere soddisfazi­one è anche il mondo dell’associazio­nismo lgbt, in particolar­e «Famiglie Arcobaleno» del Veneto e del Friuli, la realtà che ha seguito la coppia offrendo loro assistenza. «Siamo molto contenti – afferma Lisa Perlini, attivista veronese e referente per le due regioni – si tratta di un passo avanti importante: è la prima coppia di uomini che si vede attribuire dalla Corte d’Appello di Venezia il diritto alla trascrizio­ne anagrafica del figlio. C’è stato un precedente ma con una coppia di donne. Se temiamo la reazione del mondo politico veronese? Sappiamo che Verona è una città difficile – prosegue Perlini – ma i politici si devono mettere l’anima in pace: la società sta andando in una direzione ben precisa, che è quella di concedere più diritti e di non toglierli. Soprattutt­o quando ci sono di mezzo i bambini, soggetti che vanno tutelati». A Verona «Famiglie Arcobaleno» segue cinque realtà familiari, cinquanta nel resto del Veneto. «Sono quelle iscritte alla nostra associazio­ne – conclude Perlini – a cui si aggiungono molte altre».

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