L’autopsia: segni di lesioni sul bimbo morto a 11 mesi
Il papà di Nicola: non respirava, l’ho solo scosso
È la conferma più atroce, purtroppo, quella che giunge dai primi parziali risultati dell’autopsia iniziata mercoledì pomeriggio sul corpicino del piccolo Nicola. Stando agli accertamenti medico legali in corso da 48 ore al Policlinico, sarebbero effettivamente riscontrabili «segni di traumi al capo» del bimbo veronese morto ad appena 11 mesi. Sembra già da escludere, quindi, che possa essere stata una patologia congenita a strapparlo a una vita che non ha mai vissuto.
È la conferma più atroce, purtroppo, quella che giunge dai primi parziali risultati dell’autopsia iniziata mercoledì pomeriggio sul corpicino del piccolo Nicola. È la notizia che non si vorrebbe mai dare, tanto meno scrivere: stando agli accertamenti medico legali in corso da 48 ore al Policlinico, sarebbero effettivamente riscontrabili «segni di traumi al capo» del bimbo veronese morto ad appena 11 mesi. Sembra già da escludere, quindi, che possa essere stata una patologia congenita a strapparlo a una vita che non ha mai vissuto.
Un dramma immenso, quello che si è abbattuto sui genitori del bambino: 37 anni entrambi, veronesi, abitano in un comune a una quindicina di chilometri dal capoluogo e sono le uniche due persone su cui punta il dito la magistratura dal giorno in cui hanno fatto intervenire d’urgenza un’ambulanza in casa per soccorrere il loro figlioletto che, all’epoca, aveva solo un mese. «Venite, presto, non respira più», ha urlato sconvolta la mamma al telefono.
Era il 26 settembre 2017 e da quel momento, per quella giovane famiglia di cui fa parte anche la primogenita che è ancora una bambina, nulla è stato né potrà mai essere più come prima. Per la coppia ma soprattutto per Nicola, è cominciato un incubo che si sarebbe protratto per dieci interminabili mesi: circondato dalle disperate cure dei medici, attaccato 24 ore su 24 alle macchine, l’agonia del piccolo nel reparto di Rianimazione dell’ospedale di Borgo Trento è terminata solo durante la notte tra venerdì e sabato scorsi. Nicola era nato il 20 agosto 2017 e ha dovuto trascorrere 10 dei suoi 11 mesi di vita in terapia intensiva: ogni giorno di quegli interminabili giorni, i suoi genitori hanno sofferto accanto a lui, dandosi il cambio per assisterlo. Tutti speravano in un miracolo che, purtroppo, non si è mai avverato.
Ma com’è stato possibile per quell’angelo un destino tanto crudele? Il pubblico ministero Elisabetta Labate,dal momento del ricovero del 26 settembre scorso, ha immediatamente aperto un’inchiesta: l’ipotesi era lesioni gravissime ai danni del bimbo, un’accusa destinata adesso ad aggravarsi in omicidio preterintenzionale. I genitori, difesi dagli avvocati Massimo Ruffo e Tommaso Rodella, risultano entrambi indagati da 10 mesi. Nei loro confronti, era già stato fissata per il 20 dicembre prossimo l’udienza preliminare davanti al gup Raffaele Ferraro: in discussione, c’è il rinvio a giudizio chiesto dalla procura per la coppia.È probabile, però, che la morte di Nicola faccia ora slittare i tempi in avanti.
Per la consegna dei risultati definitivi dell’autopsia bisognerà attendere due mesi: il pm ha nominato come consulente medico legale la dottoressa Giovanna Del Balzo, la difesa ha scelto di affidarsi al dottor Andrea Verzeletti; nessun consulente, invece, per l’avvocato Federica Panizzo che il gip Paola Vacca aveva nominato settimane fa «curatore speciale» degli interessi legali del piccolo.Punti-chiave da verificare con l’autopsia sono, ovviamente, dinamica e soprattutto responsabilità del decesso del piccolo: nell’attuale capo di imputazione si ipotizzano «lesioni irreversibili alla struttura encefalica» riconducibili a «esiti di condotta di scuotimento» e «traumi dal capo». Non solo: tra i sospetti degli inquirenti, c’è quello che la testolina del bimbo abbia sbattuto contro «una superficie liscia e rigida». Ma la coppia, da 10 mesi, insiste di non aver in alcun modo fatto del male al bambino. In casa, oltre a loro, non c’erano altre persone: escluso fin dall’inizio dagli stessi genitori, inoltre, che a toccare Nicola possa essere stata la sorellina, di poco più grande.
Ma allora chi c’era vicino al piccolo quando la situazione è precipitata? Mamma e papà erano in un’altra stanza con la primogenita, a un certo punto il padre avrebbe deciso di andare a controllare se fosse tutto a posto. È una persona apprensiva, voleva accertarsi che il bimbo stesse dormendo. «Ma mi sono accorto che non respirava più, stava male così l’ho scosso leggermente perché si riprendesse. Ho cercato di smuoverlo un po’, intanto ho urlato a mia moglie di chiamare il 118». Il genitore, però, giura di non aver «mai fatto sbattere» la testa del piccolo: da parte dei genitori si esclude qualsiasi contatto contro una «superficie liscia e rigida» come quella ipotizzata dall’accusa. Gli stessi inquirenti ritengono improbabile che il piccolo abbia autonomamente urtato contro la culla, mentre la difesa ha ottenuto che gli accertamenti medico legali vengano estesi ai soccorsi.La coppia, intanto, riceverà in queste ore il nullaosta ai funerali del suo angelo: uno dei momenti che nessun genitore vorrebbe affrontare. L’ennesimo, per loro.
Nell’attuale capo d’imputazione, si ipotizza anche che la testa del piccolo sia andata a urtare contro una «superfice liscia e rigida»