Papà gay, dopo il caso di Verona Fontana tuona in Commissione
Il ministro alla Famiglia ribadisce il suo no
La maternità surrogata nel nostro Paese è vietata dalla legge
Desiderano solo che «sulla nostra storia scenda il silenzio e non finisca ulteriormente al centro del dibattito politico e delle polemiche strumentali». Con questo appello, domenica scorsa, si era rivolto al Corriere di Verona il signor Fabio, uno dei due papà del bimbo il cui atto di nascita - hanno appena ordinato i giudici della Corte d’appello di Venezia - dovrà essere trascritto all’anagrafe del Comune di Verona. La speranza di Fabio, però, è caduta nel vuoto: ieri, la sua storia e quella della sua famiglia di cui oltre al marito, sposato all’estero, fa parte il loro figlioletto di tre anni, è rimbalzata ancora una volta sulle cronache.
Da Roma, il ministro veronese per la Famiglia e le Disabilità, il veronese Lorenzo Fontana, ha nuovamente tuonato contro i genitori dello stesso sesso: «Rilevo come l’attuale assetto del diritto di famiglia non possa non tenere in conto di cosa sta accadendo in questi ultimi mesi in materia di riconoscimento della genitorialità, ai fini dell’iscrizione dei registri dello stato civile di bambini concepiti all’estero da parte di coppie dello stesso sesso facendo ricorso a pratiche vietate dal nostro ordinamento e che tali dovrebbero rimanere». Un chiaro riferimento ai papà gay di Verona, Fabio e il marito, il cui figlio di tre anni è venuto al mondo in Canada attraverso la pratica dell’«utero in affitto». Procedura, questa, che in Italia è appunto vietata per legge: ragion per cui, all’inizio del 2018, Palazzo Barbieri aveva negato la registrazione ai due padri, che però non si sono arresi e si sono affidati all’avvocato trentino Alexander Schuster per vincere quella che lo stesso Fabio definisce «una delle tante battaglie che abbiamo dovuto combattere». Strenuo difensore della «famiglia naturale», all’indomani del via libera dai giudici dell’Appello di Venezia al riconoscimento dei due papà omosessuali di Verona,il sindaco Federico Sboarina la settimana scorsa ha subito annunciato di aver «dato mandato agli uffici tecnici per valutare la possibilità di impugnare la sentenza». Sulla medesima linea, in quelle ore, lo stesso ministro Fontana: «Penso che la necessità per un bambino di avere una madre e un padre - dichiarò - sia un presupposto fondamentale e irrinunciabile. Sarà mia intenzione combattere la pratica dell’utero in affitto in tutte le sedi opportune, ritenendo la cosa, sia per i bambini sia per la donna, gravemente lesiva della dignità umana». Posizione che ieri il ministro veronese ha ribadito durante l’audizione alla Commissione Affari sociali: parole, le sue, in palese conflitto con quelle del signor Fabio:«Per noi - ha confidato al Corriere di Verona - era un vero paradosso che nostro figlio appena varcava la frontiera perdesse legalmente uno dei suoi due genitori». Ma dopo la decisione dei magistrati non sarà più così: «Siamo contenti, certo. I giudici hanno sancito nero su bianco principi sacrosanti che vanno a tutelare innanzitutto il nostro bambino. La nostra speranza è che questa sentenza possa infondere coraggio ad altre famiglie nella stessa situazione. In questo momento vogliamo soltanto proteggere la serenità e la felicità del nostro bimbo». Lontani «da polemiche e strumentalizzazioni».