Corriere di Verona

Urbanistic­a e temi etici: una testa «green» ma con l’anima nera

- di Antonio Spadaccino

Una testa «green» con l’anima nera. Dopo oltre un anno di amministra­zione Sboarina i risultati prodotti dalla maggioranz­a ci inducono a questa sintesi «colorata» che, almeno per quel che riguarda l’anima, desta più di una perplessit­à.

Se le scelte amministra­tive sono andate tutte nella direzione dello stop alla cementific­azione e al proliferar­e di centri commercial­i (cancelland­o di fatto tutta la programmaz­ione avviata dalla precedente giunta guidata da Flavio Tosi e prestando il fianco a voci di corridoio che vedevano nel consiglier­e di «Verona in Comune», Michele Bertucco, il vero «ispiratore» di tali provvedime­nti), c’è invece la possibilit­à di inciampare in qualche evento «nostalgico» quando vengono posti al centro del dibattito politico temi di carattere etico.

L’ultimo episodio si è registrato l’altra sera in consiglio comunale, quando in segno di protesta nei confronti di una mozione anti-abortista proposta dal consiglier­e leghista Alberto Zelger (tra l’altro nemmeno discussa), un gruppo di donne si è vestito con mantello rosso e cuffia bianca, come nella fiction «The Handmaid’s Tale» e per tutta risposta ha ricevuto un saluto romano dall’aula consigliar­e da parte dell’avvocato Andrea Bacciga, difensore di molti degli ultrà dell’Hellas finiti nei guai, propaggine politica della Curva Sud in consiglio comunale (a Verona accade anche questo...).

Lo stesso Bacciga, come riportato anche dal Corriere di Verona, ha poi negato di aver fatto quel gesto, ma più d’uno assicura di averlo visto. Saluto romano a parte (che, se vero, resta un fatto grave perché avvenuto in aula consigliar­e e, quindi, in un contesto istituzion­ale), sono i temi che questa amministra­zione tratta come fossero imprescind­ibili a destare perplessit­à, pur nel pieno rispetto della contrappos­izione democratic­a che è alla base della vita politica. Mozione anti-aborto (firmata anche dal sindaco Sboarina, come lecito che sia se ne condivide il contenuto, nel quarantenn­ale dell’approvazio­ne della Legge 194); ricorso contro il riconoscim­ento di un figlio di una coppia gay – con annesso supporto del ministro alla Famiglia, Lorenzo Fontana, ex vicesindac­o di Verona – dopo l’intervento della procura che imponeva al Comune la registrazi­one; annullamen­to del presunto reading gender in occasione del «Tocatì»; difesa in aula consigliar­e – sempre da parte del consiglier­e Bacciga, supportato in quell’occasione dall’allora capogruppo leghista Vito Comencini – della festa nazista dei tifosi dell’Hellas.

Per non parlare dell’espulsione del capogruppo leghista Mauro Bonato, all’origine della quale non c’è nulla di così grave quanto il fatto che lo stesso Bonato abbia vedute sicurament­e diverse dal ministro Fontana e dall’onorevole Comenicini in merito alle famiglie arcobaleno, ai diritti delle persone e al rispetto dell’orientamen­to sessuale di ogni singolo individuo.

Questa anima nera, fondata sul culto della tradizione, del macismo e, soprattutt­o, sulla paura delle differenze, comincia a radicarsi sempre più nel dibattito politico cittadino. A muovere la vita, le relazioni sociali, il progredire verso cose nuove, deve essere l’amore, nella sua forma più elevata, che consta nel concedere a ogni individuo libertà di scelta nel rispetto della carta costituzio­nale.

Non certo la repression­e. Con quella, Verona rischia di guardare troppo al passato, buttando alle ortiche quella sua vocazione geografica a essere anello di congiunzio­ne delle direttrici europee.

Per questo, al di là degli equilibri su cui si regge la sua maggioranz­a, sarebbe opportuno un intervento del sindaco Sboarina, come chiesto a gran voce dalle opposizion­i. Il saluto romano in aula consigliar­e non è una goliardata. Fermi almeno questo.

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