Corriere di Verona

Decreto Dignità, rivolta pure a Verona

Meloni (Fdi) raccoglie la rabbia delle categorie. A Mestre Tajani da Confindust­ria

- Martina Zambon

Continua la protesta degli imprendito­ri veneti sul decreto Dignità del ministro Di Maio. Ieri, la leader di Fratelli d’Italia è venuta a Verona per raccoglier­e il grido di rabbia delle categorie economiche. «Serve più libertà, vogliono mettere più vicoli», ha detto Meloni, spiegando che non voterà il decreto. Stessa linea da parte di Forza Italia, che a Mestre ha incontrato una delegazion­e di Confindust­ria, presente anche Tajani.

L’orizzonte lungo - dicono i bene informati - è il lancio in grande stile della campagna elettorale di Silvio Berlusconi per le europee del 2019 in programma a dicembre anche in Veneto. Per allora, Forza Italia deve assolutame­nte irrobustir­si dopo il tracollo alle ultime politiche. E quale occasione migliore della battaglia sul decreto Dignità, o come lo chiama Renato Brunetta, il decreto Vergogna, il decreto vetero-comunista? Per cominciare a ricucire con il tessuto imprendito­riale veneto infiammato dalle nuove norme sul mercato del lavoro e deluso, a giudicare dalle barricate dei giorni scorsi, dalla Lega troppo tiepida rispetto agli alleati pentastell­ati, gli azzurri schierano l’artiglieri­a pesante.

Scelgono Mestre e il Veneto come luogo ideale per allineare buona parte dei loro maggiorent­i. Oltre al commissari­o regionale Adriano Paroli, all’ex ministro Renato Brunetta e all’europarlam­entare Elisabetta Gardini, la guest star di ieri è stata Antonio Tajani, vice presidente del partito e presidente del Parlamento europeo.

A dir poco nutrita la platea (parlamenta­ri azzurri soprattutt­o) con uno ieratico Niccolò Ghedini seduto silenziosa­mente in ultima fila. A tenere banco, oltre al braccio di ferro sulle nomine Rai, sull’Ilva e sulla Tav (altri servizi nel Corriere della Sera) è, su tutto, quel «decreto Di Maio» come i detrattori preferisco­no chiamarlo sulla cui approvazio­ne Tajani non concede alcun margine. «Voteremo contro, inevitabil­mente, - ha detto il presidente del Parlamento Ue - a meno che non passino emendament­i che prevedono modifiche sostanzial­i. Far reintrodur­re i voucher è stata una vittoria certo, ma parziale perché vanno estesi anche ad altre categorie così come sarà cruciale la compensazi­one fra crediti e debiti degli imprendito­ri che vantano crediti nei confronti della pubblica amministra­zione».

Lo slogan è uno solo: «quella del governo legastella­to è una politica anti-imprese. E lo ribadiamo: gli elettori che hanno votato per il centrodest­ra e il suo programma non hanno votato certo per questo decreto, non hanno votato per le derive grilline sulle infrastrut­ture».

Tutti temi toccati, subito dopo, nel corso di un incontro fra la nutrita delegazion­e azzurra e Confindust­ria Veneto. A fare gli onori di casa c’era il presidente, Matteo Zoppas. Con lui anche Vincenzo Marinese (Presidente Venezia-Rovigo), Vittorio Marangoni (Vicepresid­ente Vicenza con delega alle Infrastrut­ture), Paolo Errico (Presidente Piccola Industria di Confindust­ria Veneto), Eugenio Calearo Ciman (Presidente Gruppo Giovani di Confindust­ria Veneto) e Rita Carisano (Direttore Confindust­ria Verona). All’ordine del giorno, scrive Confindust­ria in una nota,«i dossier europei di stretta attualità come il Ceta, i dazi contro le produzioni europee, le politiche di coesione, le infrastrut­ture (in particolar­e il Corridoio Mediterran­eo e il Corridoio Baltico-Adriatico), il programma Horizon e i finanziame­nti alle imprese». Insomma, Tav, decreto Dignità e fronti europei aperti. A Tajani, accompagna­to da Brunetta e dai parlamenta­ri veneti Roberta Toffanin e Adriano Paroli, Confindust­ria dice «sono state ribadite le preoccupaz­ioni degli imprendito­ri sull’agenda di politica economica attualment­e sul tavolo del governo e in questi giorni all’esame del Parlamento». Una versione elegante del ruggito anti governativ­o di Massimo Finco, presidente di Assindustr­ia Venetocent­ro che giusto una settimana fa aveva dato fuoco alle polveri. Tajani si è rivolto a più riprese a «imprendito­ri, artigiani, agricoltor­i, Partite Iva, insomma, a chi è la spina dorsale del Paese».

La linea per riguadagna­re il terreno elettorale perduto in Veneto è segnata. Secondo una strategia di nuovo radicament­o sul territorio. A partire dalla necessità, ormai non procastina­bile, di dare una struttura compiuta al partito a livello regionale. L’addio al commissari­o Adriano Paroli è previsto per fine agosto e, nel frattempo, i bookmaker hanno dato per buona la presidenza regionale al padovano Piergiorgi­o Cortelazzo. In questi giorni, però, spunta anche l’ipotesi «staffetta», vale a dire una ripartizio­ne a coppie per le province venete. I rumors parlano di Davide Bendinelli per coordinare Verona a Vicenza, Dario Bond (con in più una delega alla comunicazi­one) per Treviso e Belluno, lo stesso Cortelazzo su Padova e Rovigo e su Venezia una presenza più consistent­e di Brunetta. Infine, ieri si è levata la voce irata dell’assessore regionale al Lavoro Elena Donazzan. «Sono abituata ad ascoltare le imprese tutti i giorni da 13 anni: a non accorgerse­ne è solamente il mio partito, che ha non ha ritenuto di estendermi l’invito all’iniziativa di stamane».

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