L’ex sindaco attacca il ministro, già suo pupillo
L’attacco di Tosi al suo ex delfino. E Fantinati è tranchant: «Noi non siamo la Lega
Bufera Lega-M5s sulla proposta del ministro Fontana di abolire la legge Mancino. I grillini del Veneto si dissociano, ma la bordata più violenta all’esponente leghista arriva da Flavio Tosi. L’ex sindaco di Verona non è solo è stato lo «scopritore» di Fontana, ma è uno che per la legge Mancino è stato condannato: «E solo perché nel 2001 chiedevo lo sgombero di un campo nomadi - ricorda - dunque sono forse il più titolato a parlare e quella di Fontana è solo fumosa e sterile propaganda».
La bordata più violenta al ministro Lorenzo Fontana è anche, in un certo senso, la più ravvicinata. Flavio Tosi, l’uomo che «scoprì» il talento politico dell’attuale ministro e che lo portò non una, ma ben due volte (la seconda dimettendosi e lasciandogli il posto) al parlamento europeo, all’ex pupillo non fa sconti e lo accusa di deliberata boutade propagandistica.
«La legge Mancino? - ragiona Tosi - Spesso viene interpretata estensivamente e dunque è giusto discuterne, sia chiaro non della legge in sé, che contiene un principio giusto, ma dei termini della sua applicazione. Il sottoscritto fu condannato a causa di quella legge e solo perché nel 2001 chiedevo lo sgombero di un campo nomadi, dunque sono forse il più titolato a parlare e quella di Fontana è solo fumosa e sterile propaganda». Ecco, propaganda concordata, prosegue Tosi, con il capitano Salvini. «Fontana, che conosce la politica, sapeva benissimo che il M5s l’avrebbe stoppato. Il suo scopo è solo quello di accarezzare un certo mondo, anche a nome di Salvini che ha lanciato un’opa sul centrodestra».
Se Tosi punta il dito sul retroscena, ai pentastellati in regione, invece, l’ultima esternazione di Fontana non va giù nel merito. «Questo “signore” si ricordi che i ministri passano ma la costituzione resta. E deve restare». Indignazione vibrante seguita dal mantra pentastellato: «Noi non siamo la Lega e la legge Mancino nel contratto di governo non c’è, mette in imbarazzo l’intero governo». A parlare è Orietta Vanin, senatrice veneziana del M5s che non si tiene. «Mio nonno ha portato sulla sua pelle le cicatrici della violenza fascista - conclude la senatrice - e io, da insegnante di storia, ho insegnato il valore della democrazia e della libertà». La misura di quanto il contratto di governo, per il Movimento, sia un’arma a doppio taglio è tutta qui. Da un lato una fortificazione dietro cui si trincerano i pentastellati per ribadire che Carroccio e M5s restano due galassie distanti. Ma, d’altro canto, il do ut des fra i due «non-alleati» di governo si vena ogni giorno di più di tensioni sottotraccia.
Mattia Fantinati, M5S, altro veronese, dice: «Noi non siamo la Lega, - repetita iuvant – la Mancino non è nel contratto quindi preferiremmo parlare sulle cose concrete da fare. I meccanismi politici della Lega non mi interessano». Insomma, il messaggio è: siamo noi la parte che pensa alle riforme strutturali per il Paese. La Lega, crocifissa dalle imprese venete per aver tentato di recuperare all’ultimo minuto sul decreto Dignità in cambio, si disse, dello stop ai barconi di migranti, cammina da funambola esperta. Prima gli sbarchi e le famiglie arcobaleno, poi la legge che punisce l’istigazione discriminatoria su base razziale. Se l’Anpi e le comunità ebraiche, per citarne un paio, inorridiscono, i sondaggi (ma anche i like e i retweet) confermano l’efficacia della «campagna d’estate».
La base pentastellata, concentrato eterogeneo di altre ere geologico-politiche, ha dato asilo anche a tanti orfani della sinistra. E la linea del Carroccio, con tanto di sostegno da parte di un assessore regionale come Roberto Marcato, ai pentastellati veneti piace poco. Il Veneto è la regione-laboratorio per osservare le acrobazie del governo «carioca».
Jacopo Berti, già capogruppo M5s in Regione spiega: «Che rappresentanti delle istituzioni regionali seguano un personaggio come Fontana che cerca di occupare uno spazio elettorale mi mette tristezza. Purtroppo la Lega in Veneto è la rappresentazione di tutto ciò che è becero e retrogrado. Ma ai leghisti dico: fatelo stare zitto che è il caso di parlare di cose serie per il Paese». In Regione il matrimonio giallo-verde non è mai stato celebrato. Naturale, commentano gli analisti politici, qui si lavora già per le prossime regionali: ognun per sé e Dio per tutti.
Vanin M5s I ministri passano ma la carta costituziona le resta. E deve restare. Nella mia famiglia non ci si dimentican o le cicatrici della violenza fascista
Fantinati M5s Ribadisco quanto ha detto Luigi Di Maio: nel contratto di governo una ridiscussione della Mancino non c’è. Le strategie della Lega non mi interessano