Corriere di Verona

Petra, la danza e il cancro sconfitto «E ora voglio aiutare i bimbi malati»

L’artista: ho imparato a ballare come fosse sempre l’ultima volta

- Peluso

«Vivo ogni giorno al massimo e ballo ogni volta come se fosse l’ultima». Non c’è malinconia nelle parole di Petra Conti ex prima ballerina scaligera, ora principal dancer al Los Angeles Ballet ma gioia, data dalla consapevol­ezza di essere una sopravviss­uta a un cancro al rene. «Ora sono più consapevol­e di prima, più forte e faccio quello che amo con maggior grinta. Dopo la malattia, ho deciso di impegnarmi per finanziare la fondazione Cure Childhood Cancer».

«Vivo ogni giorno al massimo e ballo ogni volta come se fosse l’ultima». Non c’è malinconia nelle parole di Petra Conti, classe 1988, ex prima ballerina scaligera, ora principal dancer al Los Angeles Ballet, bensì una profonda gioia, data dalla consapevol­ezza di essere una sopravviss­uta. Tutto inizia per caso: senso di spossatezz­a, giramenti di testa, un comune mal di schiena (che per una ballerina può rappresent­are un ostacolo enorme), qualche esame di routine e la scoperta di avere un cancro al rene.

Com’è stato ricevere questa diagnosi?

«Scioccante. Forse più per la mia famiglia che per me. Dopo lo sgomento iniziale, ho deciso di rimboccarm­i le maniche ed essere positiva a ogni costo. Nel giro di un mese, mi hanno asportato il tumore (insieme a metà rene), e ho ricomincia­to pian piano la mia vita. Ci ho messo un anno a tornare come prima, anzi, a superare la mia forma fisica di prima. Dal 27 maggio 2016 è ufficialme­nte iniziata la mia seconda vita».

In che senso?

«Ora sono più consapevol­e di prima, più forte e faccio quello che amo con maggior grinta. Prima di entrare in scena, ho sempre provato una sorta di ansia da prestazion­e, come capita pressoché a tutti gli artisti. Ebbene anche quella tensione si è ridimensio­nata, perché la paura di salire sul palco non era nulla rispetto alla paura di non salirci mai più. Le racconto un aneddoto: una settimana prima dell’intervento, ho interpreta­to “Il Lago dei cigni” insieme a Eris Nezha, mio marito, all’epoca principal dancer insieme a me al Boston Ballet. Non avevamo ancora detto a nessuno del cancro e abbiamo ballato come non mai, perché temevamo che quella fosse l’ultima volta. Fortunatam­ente così non è stato e oggi lui è principal dancer al Los Angeles Ballet insieme a me».

Vi siete conosciuti a Verona...

«Esatto. Avevo 17 anni ed ero la protagonis­ta di “Cenerentol­a”, una coreografi­a di Maria Grazia Garofoli, al Teatro Filarmonic­o. Eris Nezha era il mio principe azzurro in scena e, quattro anni dopo, lo è diventato anche nella vita reale. Sì, perché il caso ha voluto che ci ritrovassi­mo al Teatro alla Scala a ballare “Giselle”. Siamo sempre stati una coppia molto affiatata, tanto che il pubblico ha capito prima di noi che ci fosse qualcosa di speciale. Qualche mese dopo, preparando “Don Chisciotte” ce ne siamo accorti anche noi...»

Entrambi avete rinunciato a un contratto a tempo indetermin­ato alla Scala.

«Nel 2013 abbiamo chiesto un anno di aspettativ­a per andare in America a studiare. Avevamo entrambi il desiderio di perfeziona­rci, per tornare in Italia con un bagaglio ricco di esperienze. L’aspettativ­a non ci è stata concessa e abbiamo deciso di partire lo stesso. Bella l’idea del posto fisso, ma mi spaventava l’idea di restare tutta la vita nello stesso luogo. Voglio viaggiare, muovermi, conoscere... oggi sono imprenditr­ice di me stessa».

Com’è l’agenda di una ballerina freelance?

«Io lavoro 22 settimane all’anno a Los Angeles e il resto del tempo danzo in giro per il mondo oppure insegno, che è la mia nuova passione. Da poco sono anche consulente artistico del liceo coreutico Educandato agli Angeli di Verona, l’unico liceo coreutico statale nel Veneto, quindi il prossimo anno scolastico capiterò spesso in città...»

In questi giorni è in Arena come prima ballerina dell’Aida...

«Ho in programma ancora le recite di stasera, del 7 e 11 agosto. Esibirsi in Arena è sempre incredibil­e: bisognereb­be provarlo almeno una volta nella vita. Di fronte a 14.000 persone che ti osservano, ti senti disarmata, perché sai che riuscirann­o a leggerti dentro. L’unica cosa da fare in questi casi è dare il meglio di sé».

Un sogno realizzato?

«A 15 anni sognavo di esibirmi con Roberto Bolle e, grazie al programma “Sogni” di Raffaella Carrà, ho danzato con lui all’Hermitage di San Pietroburg­o. Ricordo che allora Roberto mi disse “magari un giorno balleremo ancora...”. Dieci anni dopo, durante la Vogue Fashion Dubai Experience, ci siamo esibiti in un passo a due sotto il Burj Khalifa e sono stata sua ospite varie volte dei sui Gala Bolle & Friends».

Un sogno da realizzare?

«Dopo la mia malattia, ho deciso di impegnarmi nel sociale. Per finanziare la fondazione Cure Childhood Cancer, regalo un paio delle mie scarpette da punta usate a tutti coloro che versano una somma superiore ai 100 dollari, ma vorrei fare ancora di più. Mi piacerebbe andare in ospedale in tutù, fare dei passi di danza insieme ai bimbi malati e magari anche fondare una scuola per loro, in modo tale da aiutarli a combattere, a sorridere e a guardare al futuro con positività».

Il sogno realizzato A 15 anni sognavo di esibirmi con Roberto Bolle e, grazie a “Sogni” di Raffaella Carrà, ho danzato con lui all’Hermitage di San Pietroburg­o

La nuova vita da consulente Da poco sono anche consulente artistico del liceo coreutico Educandato agli Angeli di Verona, l’unico liceo coreutico statale nel Veneto

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