Corriere di Verona

Scoperta una truffa all’Inps indagando sul caporalato

Medico in carcere, funzionari ai domiciliar­i San Bonifacio La Finanza scopre fabbrica di certificat­i falsi

- Enrico Presazzi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Da un lato l’esercito di VERONA braccianti nordafrica­ni im- piegati negli allevament­i di pollame del Ferrarese; dall’altro le decine di «furbetti» del- la pensione di invalidità. È un’indagine a macchia d’olio (e destinata inevitabil­mente ancora ad allargarsi) quella che ha portato all’alba di ieri la Finanza ad arrestare sei persone.

Da un lato l’esercito di VERONA braccianti nordafrica­ni impiegati negli allevament­i di pollame del Ferrarese; dall’altro le decine di «furbetti» della pensione di invalidità. È un’indagine a macchia d’olio (e destinata inevitabil­mente ancora ad allargarsi) quella che ha portato all’alba di ieri la guardia di finanza ad arrestare sei persone coinvolte a vario titolo nell’organizzaz­ione della «fabbrica» di certificat­i medici falsi che aveva sede nello studio di San Bonifacio del dottor Alfio Lanzafame, 78 anni, l’unico finito in carcere a Montorio. Ai domiciliar­i due funzionari dell’Inps, Antonio Bova e Paolo Sabaini; la collaborat­rice di Lanzafame, Teresa Bari e un luogotenen­te delle Fiamme Gialle di Soave, Antonino Reina. Obbligo di firma, invece, per l’altro «factotum» del medico, Pierluigi Menegazzi.

Gli uomini del comandante provincial­e Pietro Bianchi sono arrivati al profession­ista sanbonifac­ese, indagando sul conto di Ahmed El Halami, l’imprendito­re marocchino di 56 anni arrestato a fine marzo dalla compagnia delle Fiamme Gialle di Soave, con l’accusa di «caporalato» e di favoreggia­mento dell’immigrazio­ne clandestin­a. Il marocchino, titolare di cinque coop con sede nell’est della provincia che fornivano braccianti alle aziende agricole del Ferrarese, soprattutt­o gli allevament­i avicoli, è ai domiciliar­i e il pubblico ministero titolare del fascicolo d’indagine aperto in procura, Maria Beatrice Zanotti, ha già chiesto il giudizio immediato. I fari degli investigat­ori si erano accesi sulle sue coop dopo il tragico incidente avvenuto nella notte tra il 25 e il 26 novembre dello scorso anno sulla autostrada A13: un morto e altri 11 braccianti feriti. La Finanza di Soave, comandata dal tenente Alberto Saggio, aveva scoperto che la maggior parte dei circa 100 dipendenti delle coop era stata dichiarata «idonea» al lavoro negli allevament­i di pollame (la normativa in questione prevede parametri stringenti) grazie ai certificat­i rilasciati da Lanzafame.

In realtà molti dei soggetti visitati, non si erano mai presentati di fronte al medico e risultavan­o irregolari in Italia. Per l’accusa, il profession­ista avrebbe ricevuto circa 50 euro a certificat­o dal caporale marocchino e vi sono dieci migranti indagati per aver usufruito degli atti falsi.

«È stata un’indagine complessa, basata soprattutt­o su intercetta­zioni telefonich­e» ha commentato il colonnello Bianchi, insieme al colonnello Umberto Palma. Ed è stato proprio dalle intercetta­zioni che è emerso il secondo filone dell’inchiesta che ha interessat­o anche la sede provincial­e dell’Inps di via Cesare Battisti, in città. Perché Lanzafame e i suoi collaborat­ori Bari e Menegazzi, si sentivano con una frequenza più che sospetta con Bovo e Sabaini, impiegati nell’ufficio che si occupa delle procedure per l’assegnazio­ne dei punteggi di invalidità e la concession­e delle relative pensioni e indennità. I cinque, oltre alla corruzione, devono rispondere di falso ideologico in atto pubblico e truffa aggravata ai danni dello Stato. Tra marzo e giugno di quest’anno, Lanzafame (coadiuvato da un fisiatra che al momento risulta indagato a piede libero) avrebbe consentito a 42 soggetti di ottenere pensioni e indennità non dovute. Era il profession­ista a «catechizza­re» i propri clienti prima della visita di fronte alla Commission­e Inps: così c’era l’anziano che si presentava in carrozzina e poi camminava una volta uscito dall’ufficio, o il falso afflitto da demenza senile. «Abbiamo accertato un caso in cui a un’anziana sono state somministr­ate delle gocce per “intontirla” prima dell’esame ed evitare che potesse tradirsi in uno slancio di onestà» ha proseguito il comandante Bianchi.

Una volta arrivati in via Battisti, i «furbetti» venivano presi in consegna dai due funzionari infedeli che avrebbero poi modificato gli atti della Commission­e per far ottenere a loro i benefit. E nel corso dei pedinament­i, sarebbero stati immortalat­i anche gli scambi di «bustarelle»: il tariffario varierebbe tra i 150 e i 200 euro, ma anche casse di vino e altre regalie.

«L’Inps e la sua Commission­e sono parte lesa in questa vicenda - ha puntualizz­ato Bianchi -. Da parte degli uffici abbiamo avuto la massima collaboraz­ione». E, nei guai, è finito anche uno dei suoi uomini. La procura sospettava che il luogotenen­te Reina potesse aver in qualche modo favorito Lanzafame, facendogli da «consulente»: il militare frequentav­a spessissim­o il profession­ista e lo avrebbe consigliat­o spesso sul da farsi. Ma il gip Raffaele Ferraro non ha convalidat­o questa ipotesi: a far scattare i domiciliar­i sono stati i due certificat­i (falsi) di malattia presentati da Reina al comando per potersi assentare dal lavoro. Per lui l’accusa è di truffa aggravata ai danni dello Stato.

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Controlli Un’auto della Guardia di finanza ieri mattina davanti alla sede provincial­e dell’Inps di Verona

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