Scoperta una truffa all’Inps indagando sul caporalato
Medico in carcere, funzionari ai domiciliari San Bonifacio La Finanza scopre fabbrica di certificati falsi
Da un lato l’esercito di VERONA braccianti nordafricani im- piegati negli allevamenti di pollame del Ferrarese; dall’altro le decine di «furbetti» del- la pensione di invalidità. È un’indagine a macchia d’olio (e destinata inevitabilmente ancora ad allargarsi) quella che ha portato all’alba di ieri la Finanza ad arrestare sei persone.
Da un lato l’esercito di VERONA braccianti nordafricani impiegati negli allevamenti di pollame del Ferrarese; dall’altro le decine di «furbetti» della pensione di invalidità. È un’indagine a macchia d’olio (e destinata inevitabilmente ancora ad allargarsi) quella che ha portato all’alba di ieri la guardia di finanza ad arrestare sei persone coinvolte a vario titolo nell’organizzazione della «fabbrica» di certificati medici falsi che aveva sede nello studio di San Bonifacio del dottor Alfio Lanzafame, 78 anni, l’unico finito in carcere a Montorio. Ai domiciliari due funzionari dell’Inps, Antonio Bova e Paolo Sabaini; la collaboratrice di Lanzafame, Teresa Bari e un luogotenente delle Fiamme Gialle di Soave, Antonino Reina. Obbligo di firma, invece, per l’altro «factotum» del medico, Pierluigi Menegazzi.
Gli uomini del comandante provinciale Pietro Bianchi sono arrivati al professionista sanbonifacese, indagando sul conto di Ahmed El Halami, l’imprenditore marocchino di 56 anni arrestato a fine marzo dalla compagnia delle Fiamme Gialle di Soave, con l’accusa di «caporalato» e di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il marocchino, titolare di cinque coop con sede nell’est della provincia che fornivano braccianti alle aziende agricole del Ferrarese, soprattutto gli allevamenti avicoli, è ai domiciliari e il pubblico ministero titolare del fascicolo d’indagine aperto in procura, Maria Beatrice Zanotti, ha già chiesto il giudizio immediato. I fari degli investigatori si erano accesi sulle sue coop dopo il tragico incidente avvenuto nella notte tra il 25 e il 26 novembre dello scorso anno sulla autostrada A13: un morto e altri 11 braccianti feriti. La Finanza di Soave, comandata dal tenente Alberto Saggio, aveva scoperto che la maggior parte dei circa 100 dipendenti delle coop era stata dichiarata «idonea» al lavoro negli allevamenti di pollame (la normativa in questione prevede parametri stringenti) grazie ai certificati rilasciati da Lanzafame.
In realtà molti dei soggetti visitati, non si erano mai presentati di fronte al medico e risultavano irregolari in Italia. Per l’accusa, il professionista avrebbe ricevuto circa 50 euro a certificato dal caporale marocchino e vi sono dieci migranti indagati per aver usufruito degli atti falsi.
«È stata un’indagine complessa, basata soprattutto su intercettazioni telefoniche» ha commentato il colonnello Bianchi, insieme al colonnello Umberto Palma. Ed è stato proprio dalle intercettazioni che è emerso il secondo filone dell’inchiesta che ha interessato anche la sede provinciale dell’Inps di via Cesare Battisti, in città. Perché Lanzafame e i suoi collaboratori Bari e Menegazzi, si sentivano con una frequenza più che sospetta con Bovo e Sabaini, impiegati nell’ufficio che si occupa delle procedure per l’assegnazione dei punteggi di invalidità e la concessione delle relative pensioni e indennità. I cinque, oltre alla corruzione, devono rispondere di falso ideologico in atto pubblico e truffa aggravata ai danni dello Stato. Tra marzo e giugno di quest’anno, Lanzafame (coadiuvato da un fisiatra che al momento risulta indagato a piede libero) avrebbe consentito a 42 soggetti di ottenere pensioni e indennità non dovute. Era il professionista a «catechizzare» i propri clienti prima della visita di fronte alla Commissione Inps: così c’era l’anziano che si presentava in carrozzina e poi camminava una volta uscito dall’ufficio, o il falso afflitto da demenza senile. «Abbiamo accertato un caso in cui a un’anziana sono state somministrate delle gocce per “intontirla” prima dell’esame ed evitare che potesse tradirsi in uno slancio di onestà» ha proseguito il comandante Bianchi.
Una volta arrivati in via Battisti, i «furbetti» venivano presi in consegna dai due funzionari infedeli che avrebbero poi modificato gli atti della Commissione per far ottenere a loro i benefit. E nel corso dei pedinamenti, sarebbero stati immortalati anche gli scambi di «bustarelle»: il tariffario varierebbe tra i 150 e i 200 euro, ma anche casse di vino e altre regalie.
«L’Inps e la sua Commissione sono parte lesa in questa vicenda - ha puntualizzato Bianchi -. Da parte degli uffici abbiamo avuto la massima collaborazione». E, nei guai, è finito anche uno dei suoi uomini. La procura sospettava che il luogotenente Reina potesse aver in qualche modo favorito Lanzafame, facendogli da «consulente»: il militare frequentava spessissimo il professionista e lo avrebbe consigliato spesso sul da farsi. Ma il gip Raffaele Ferraro non ha convalidato questa ipotesi: a far scattare i domiciliari sono stati i due certificati (falsi) di malattia presentati da Reina al comando per potersi assentare dal lavoro. Per lui l’accusa è di truffa aggravata ai danni dello Stato.