Corriere di Verona

Profughi, «soffiate» dalla Prefettura per favorire la coop

Padova, oltre ai vertici della coop, sono indagati il vicario Pasquale Aversa e un’ex funzionari­a Il prefetto difende il suo vice: «Ho stima e fiducia in lui». Ma per la procura l’inchiesta è chiusa

- A.Pri.-R.Pol. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Estate 2016. Eravamo in PADOVA piena emergenza sbarchi, con i profughi che arrivavano a centinaia, gli hub stracolmi, i sindaci sulle barricate e il governator­e Luca Zaia che tuonava contro il governo che «dal luglio 2014 per diciassett­e volte ha aumentato in modo costante e arbitrario il numero di immigrati assegnati al Veneto». In mezzo a tutto questo, qualcuno registrava una crescita di fatturato senza precedenti: Ecofficina, la maxi-cooperativ­a di Battaglia Terme che già all’epoca gestiva le strutture di accoglienz­a di Cona, nel Veneziano, di Bagnoli e della caserma Prandina del Padovano.

È in quel contesto che si inserisce l’inchiesta dei carabinier­i di Padova, coordinata dal procurator­e Matteo Stuccilli e dal pm Federica Baccaglini, che nelle scorse settimane ha spiccato sette avvisi di garanzia (per chiusura delle indagini) nei confronti di altrettant­i indagati. E, oltre a coloro che all’epoca gestivano Ecofficina, nel mirino della procura è finito il prefetto vicario della città del Santo, Pasquale Aversa nei confronti del quale si ipotizzati­va no i reati di frode nelle pubbliche forniture, truffa e rivelazion­e di segreti d’ufficio.

L’indagine toglie il velo su una (presunta) rete di complicità che legava la cooperativ­a alla prefettura, e che aveva come cardine il funzionari­o (nel frattempo trasferito a Bologna) Tiziana Quintario, 58 anni di Monselice. È accusata di turba- d’asta in concorso con il gestore di Ecofficina, Simone Borile, sua moglie Sara Felpati e l’allora presidente Gaetano Battocchio. In pratica avrebbe favorito la coop nella gara indetta due anni fa dalla prefettura per l’accoglienz­a di 1.200 migranti alla Prandina e nell’ex base dell’aereonauti­ca di Bagnoli per un valore complessiv­o di circa 20 milioni di euro. Per il pm, Quintario «creava un bando ad hoc per la cooperativ­a» inserendo dei requisiti per partecipar­e a uno dei due lotti ritagliati su misura per Ecofficina. Inoltre passava a Borile informazio­ni sulle ditte che partecipav­ano alla gara, sull’andamento e sul ricorso presentato da un rivale.

Tra il 2015 e il 2017, Quintario e il prefetto Aversa avrebbero inoltre chiuso un occhio sulle violazioni contrattua­li commesse da Ecofficina, che stando alle indagini utilizzava meno personale del previsto e forniva ai migranti materiale scadente, meno costoso e - come nel caso di coperte non ignifughe - meno sicuro. Stando alle indagini, anche le ispezioni condotte all’interno degli hub venivano «addomestic­ate» dai due funzionari prefettizi, in modo che i gestori fossero preparati ed evitassero le sanzioni. Ma in cambio di cosa? Mentre l’inchiesta non ha evidenziat­o alcun tornaconto per Aversa - forse schiacciat­o dal meccanismo che gli imponeva di trovare continuame­nte nuovi posti letto - diverso il caso della Quintario, che assieme ai tre rappresent­anti della coop deve rispondere anche del reato di «induzione a dare o promettere utilità». Secondo gli investigat­ori avrebbe spinto Borile a far assumere dalla cooperativ­a cinque persone, tra le quale sua figlia.

Fin qui le accuse. E mentre il pm di Padova si prepara a chiedere il rinvio a giudizio degli indagati, a difendere Aversa sono il suo diretto superiore Renato Francesche­lli («Per quanto l’ho conosciuto, è persona che stimo e che gode della mia fiducia») e l’ex prefetto - in servizio all’epoca dei fatti - Patrizia Impresa: «Sono convinta saprà dimostrare la sua completa estraneità alle accuse». Anche l’avvocato Lino Roetta, che rappresent­a Quintario, assicura che «la mia cliente è molto serena perché ritiene di aver agito nella massima correttezz­a».

Tra le reazioni da registrare, quella di Roberto Milan, il sindaco di Bagnoli: «All’epoca ci fu un’ingerenza prefettizi­a impression­ante su tutto ciò che riguardava il centro di accoglienz­a, al punto che mi sentii in dovere di segnalare la questione all’allora ministro Angelino Alfano». Il presidente di Confcooper­ative, Ugo Campagnaro ricorda: «Abbiamo sospeso Ecofficina perché si percepivan­o, da parte di quella che all’epoca era una nostra associata, comportame­nti non corretti: facevano business sui migranti. La procura fa bene a indagare, non si deve speculare sulla gestione dei centri di accoglienz­a».

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Tiziana Quintario
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Pasquale Aversa

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