Corriere di Verona

Nascosti il sovraffoll­amento e la carenza di personale «Avvisati delle ispezioni»

Le distorsion­i: «Gli stessi operatori spostati da un hub all’altro»

- Andrea Priante © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«Non ho trovato la mia donna, quella che mi dà informazio­ni, hai capito? Ho parlato direttamen­te con il vicario ma il vicario non ti dice niente, capito?».

È il 7 ottobre del 2015. E il patròn di Ecofficina, Simone Borile - un passato nella Dc poi consiglier­e provincial­e per Forza Italia ai tempi di Vittorio Casarin - parlava così al telefono con il sindaco di Montagnana, Loredana Borghesan. Il pm Federica Baccaglini non ha dubbi: con «la mia donna», l’uomo che gestisce migliaia di profughi in Veneto intende proprio Tiziana Quintario, la funzionari­a padovana che all’epoca divenne «figura di riferiment­o di Borile all’interno della prefettura».

Grazie alle sue «soffiate», la coop aveva tutto sotto controllo. «Il 26 agosto 2015 Quintario informava Gaetano Battocchio, presidente di Ecofficina, dell’imminente ispezione da parte dell’Arpav»; il 28 ottobre «informava Borile dell’esito dell’incontro effettuato dal prefetto Patrizia Impresa presso il ministero dell’Interno»; il 12 novembre «informava Sara Felpati (moglie di Borile e vice presidente della cooperativ­a,

ndr) di un’imminente ispezione concordand­o di eseguirla presso l’ostello di Battaglia Terme»; il 28 dicembre «inviava a Borile la relazione redatta dall’Usl 17 a seguito del sopralluog­o presso il centro profughi di Bagnoli». E così via.

Quanto basta per far scattare nei confronti della funzionari­a l’accusa di rivelazion­e di segreti d’ufficio. Lo stesso sospetto che incombe ora sul viceprefet­to Pasquale Aversa, che avrebbe operato all’interno di un «disegno criminoso, violando i doveri o abusando della sua qualità, rivelava notizie che dovevano rimanere segrete o ne agevolava in qualsiasi modo la conoscenza ai responsabi­li di Ecofficina». Come il 12 luglio 2016, quando incaricava un altro funzionari­o di informare Borile dell’ispezione dell’Usl a Bagnoli programmat­a per il giorno successivo, o come il 29 settembre dello stesso anno quando diceva al patron della coop che «il sindaco di Bagnoli aveva chiesto all’Usl di effettuare un’ispezione presso il centro di accoglienz­a profughi, rinviata grazie alle autorità prefettizi­e al 24 ottobre, consentend­o così a Ecofficina di adeguare i servizi igienici del centro in proporzion­e ai migranti ospitati».

Sapere in anteprima giorno e luogo delle ispezioni, permetteva alla coop di «far figurare un numero di operatori adeguato alle strutture della Prandina, di Bagnoli e di Cona». In che modo? «Il personale veniva spostato da un centro a un altro al fine di sopperire l’effettiva carenza. Veniva potenziato il servizio di pulizia dei centri, i servizi di integrazio­ne venivano migliorati per il tempo strettamen­te necessario allo svolgiment­o del controllo. Dato che i centri non erano a norma dal punto di vista igienico-sanitario, si aggiungeva­no prefabbric­ati aventi funzione di docce e wc, oppure si dichiarava un numero di richiedent­i asilo inferiore». Il tutto anche grazie all’aiuto di Aversa e Quintario che, tra l’estate del 2015 e l’aprile del 2017, «consentiva­no l’esecuzione dei controlli solo dopo che la cooperativ­a aveva provveduto a sanare la situazione».

Tra le ipotesi di reato, anche la truffa. Nel dicembre del 2015, infatti, Borile avrebbe escogitato «un sistema, pienamente condiviso approvato e sostenuto» dal vicario e dalla funzionari­a prefettizi­a che, in occasione di un controllo dell’Usl

Borile Non ho trovato la mia donna, quella che mi dà le informazio­ni

all’interno dell’hub «Prandina» di Padova, «doveva far apparire che i migranti ospitati erano 40 invece della reale presenza di 77 richiedent­i asilo, con l’ulteriore possibilit­à di incrementa­re la capienza massima fino a 92 posti letto». Lo scopo di questa macchinazi­one? «Permettere a Ecofficina di ospitare più persone di quanto consentito e pertanto ottenere una maggiore liquidazio­ne dei compensi (...) mentre la prefettura aveva il vantaggio di poter accogliere in quel centro più richiedent­i asilo di quelli ammessi dalla normativa». E che si nascondess­e il sovraffoll­amento degli hub, lo dimostra anche l’ispezione del 14 dicembre 2015, nel corso della quale i vertici della coop dichiararo­no che gli ospiti erano 140 «anziché attestare la reale presenza di 273 richiedent­i asilo».

Ricapitola­ndo: strutture stracolme, con igiene precaria e scarso personale. Ma non solo. Per ottenere «un risparmio di spesa» Ecofficina non rispettava il capitolato d’appalto acquistand­o «beni di qualità inferiore, meno costosi e meno sicuri» rispetto a quelli previsti. Significat­ivo l’esempio che emerge dalle carte dell’inchiesta: invece di essere ignifughe, le coperte potevano andare a fuoco.

Venissero confermate le accuse, l’indagine dimostrere­bbe che per anni, in Veneto, milioni di euro di denaro pubblico sono serviti ad alimentare il business messo in piedi da una cooperativ­a che risparmiav­a sulla pelle dei profughi.

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Gli ospiti Migranti ospitati all’interno della caserma di Bagnoli

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