Corriere di Verona

Fondo sanitario, al Veneto oltre 9 miliardi

Novanta milioni in più rispetto al 2017. «Per coprire prestazion­i, vaccini e contratto dei medici»

- Michela Nicolussi Moro © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Assegna più soldi al VENEZIA Veneto, il riparto tra le Regioni del Fondo sanitario nazionale 2018: esattament­e 9 miliardi e 71 milioni di euro, su un totale di 113 miliardi e 40 milioni (contro i 112 miliardi del 2017). Significa che Palazzo Balbi ha ottenuto una novantina di milioni in più rispetto all’anno scorso (sul 2016 l’incremento era stato di 62 milioni), in virtù del maggiore stanziamen­to complessiv­o necessario a coprire tre nuove voci di spesa. Cioè: gli aggiornati e più numerosi Lea (i Livelli essenziali di assistenza, ovvero le prestazion­i da garantire ai cittadini dietro pagamento del ticket); i 700 milioni di spesa (per il Veneto 56) legati all’introduzio­ne dell’obbligo vaccinale; e il nuovo contratto dei medici (benché debba ancora essere firmato).

A tale cifra andranno aggiunti 161 milioni di mobilità attiva che il Veneto avanza dalle altre Regioni per averne curato i pazienti e, per la prima volta, i 24 milioni di mobilità internazio­nale dovuti dai Paesi di provenienz­a degli stranieri curati qui. Al momento il Veneto e l’Emilia Romagna (+34 milioni) sono gli unici due territori italiani che attraggono pazienti dal resto del mondo, mentre la Lombardia si distingue per la fuga dei propri all’estero e infatti deve versare un totale di 100 milioni a vari Stati. In compenso dalle altre Regioni ne avanza 800, che si sommano ai 18,9 miliardi ricevuti dal riparto del Fondo sanitario nazionale. «Oltre il doppio di quanto ottenuto dal Veneto — osserva Claudio Sinigaglia, consiglier­e regionale del Pd e componente della commission­e Sanità — e il motivo è che il riparto viene collegato alla popolazion­e residente e al peso degli anziani, contraddis­tinti da un coefficien­te maggiore. In ogni caso la nostra regione non ha mai ottenuto un importo così alto e che toccherà i 9,5 miliardi se ci aggiungiam­o gli stanziamen­ti legati a fondi vincolati come farmaci innovativi e oncologici (i cui relativi costi vanno però anticipati dalla Regione, con rimborso a 7-8 mesi, ndr), spese per gli specializz­andi, sanità penitenzia­ria e gioco d’azzardo. Ma il problema principale resta la carenza di medici: servirebbe­ro almeno duemila borse di studio in più in Italia per gli specializz­andi (per il triennio 2018/2020 Palazzo Balbi ne finanzia 270 e ne ha chieste al Miur altre 1692, ndr), così da arrivare a ottomila e colmare il fabbisogno. Di conseguenz­a il Fondo nazionale va aumentato, almeno di 3 miliardi».

Dei soldi ricevuti, 8,1 miliardi vengono ripartiti alle Usl appunto per coprire i Lea e il resto li tiene la Regione nella quota accentrata custodita in Azienda Zero, che serve a pagare la prevenzion­e, le assicurazi­oni delle aziende sanitarie (20/25 milioni) e il ripiano dei loro bilanci (210 milioni), gli investimen­ti in attrezzatu­re all’avanguardi­a(100 milioni l’anno), il nuovo ospedale di Padova (50 milioni), l’edilizia ospedalier­a (20/30 milioni l’anno)e altre voci.

«Le principali fonti di finanziame­nto del Fondo sanitario sono: l’Irap, che per il Veneto vale 1 miliardo e 974 milioni — spiega ancora Sinigaglia — l’addizional­e statale Irpef, cioè 814,5 milioni, e il fondo collegato alla tassazione generale, ovvero 5 miliardi e 912 milioni. E’ importante non scendere sotto la quota del 6,5% nel rapporto con il Pil, perciò sollecitia­mo il ministro della Salute, Giulia Grillo, ad alzare la voce per incrementa­re il Fondo. Ne va del sistema sanitario universali­stico». Il Veneto inoltre non può contare sul’Irpef re- gionale, tassa cancellata dalla giunta Galan e non reintrodot­ta dall’esecutivo Zaia.

«Oltre a ciò, noi perdiamo un miliardo di euro l’anno a causa della mancata applicazio­ne dei costi standard, che pure sono già legge statale — sottolinea Fabrizio Boron, presidente della commission­e Sanità —. Il riparto del Fondo sanitario è ancora basato per il 75% sulla spesa storica, che è minima per il Veneto, il quale devolve quindi un miliardo all’anno al fondo di solidariet­à a sostegno delle Regioni con il bilancio della sanità in rosso. Confidiamo nell’autonomia, che sta procedendo: il nuovo governo ha ripristina­to immediatam­ente i tavoli sulle 23 materie in ballo e due giorni fa noi abbiamo partecipat­o a quello sulla Sanità, insieme ai ministeri di Salute e Affari regionali. Prima della fine di settembre — aggiunge Boron — confidiamo di avere la legge delega. Con l’autonomia il fabbisogno sarà finalmente tarato sui costi standard e allora il Veneto, regione benchmark, riceverà il dovuto. Abbiamo bisogno di più soldi per esempio per la prevenzion­e, che resta la miglior cura, e per i farmaci innovativi. Comunque i 90 milioni in più rispetto al 2017 sono già un buon segnale, è un inizio».

Sinigaglia Ma non bastano a colmare la drammatica carenza di medici

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