Matteo, ucciso a 14 anni da una panchina di ferro
Famiglia e amici sconvolti: «Ci manchi già, Matteo». Aperta un’inchiesta
Una morte assurda. Un dramma per molti «annunciato» quello che venerdì sera è costato a soli 14 anni la vita a Matteo Pedrazzoli lasciando sotto choc famiglia e amici. Abitava a Castel D’Ario, a Mantova, e studiava grafica multimediale a Verona, al Centro formativo Stimmatini. Già aperta un’inchiesta.
Sognava di diventare grafico multimediale, una panchina girevole gli è franata addosso mentre giocava con gli amici al parco. Se ne n’è andato in un istante con tutti i suoi desideri e le sue ambizioni da adolescente di 14 anni, Matteo Pedrazzoli. È rimasto schiacciato e ucciso sotto gli 8 quintali di quella struttura in ferro la cui pericolosità, negli ultimi due mesi, era stata più volte segnalata dai cittadini e dai consiglieri d’opposizione di Castel D’Ario, il comune mantovano dove la vittima abitava e da cui ogni mattina partiva in pullman per raggiungere Verona.
Era iscritto al Centro Servizi formativi degli Stimmatini, in via Cavalcaselle: «Aveva appena concluso con successo la prima superiore - racconta il direttore, Samuele Moretti, sconcertato dalla notizia -. Questa tragedia coinvolge tutto l’istituto, i nostri alunni sono nostri figli». Venerdì sera Matteo si trovava vicino al manufatto che posa su un unico piedistallo quando è avvenuto il dramma, sotto agli occhi degli amici che stavano giocando con lui la sera di San Lorenzo.E sono proprio i suoi coetanei che in queste ore lo ricordano sui social con pensieri e fotografie, cercando invano di dare un senso a una perdita incolmabile. «Piccolo angelo - scrive una ragazza -, stai guardando tutti noi piangere da lassù, perché tu te ne sei andato, perché quella cazzo di panchina ti è caduta addosso». E poi: «Ti avevo visto un’ora prima. E chi lo sapeva che quel bacio sarebbe stato l’ultimo? E chi sapeva che quella risata sarebbe stata l’ultima? Non ci insegnerai più a ridere perché ora lo insegnerai agli angioletti che stanno lassù. Buon viaggio Matteo». Ancora: «Mi mancherai fratellino mio. Riposa in pace, sarai sempre nel mio cuore». Anche il Csf Stimmatini ha subito rivolto un pensiero su Facebook a quel suo promettente alunno di grafica:«Ciao, Matteo...». Chi non riesce proprio a trovare parole invece sono i familiari più stretti: sui profili Fb di papà Gianfranco e del fratello Gianluca, barman, è stata postata ieri un’unica foto, la stessa, che li ritrae felici e sorridenti insieme anche alla mamma a Parigi, meta dell’ultimo viaggio dell’intera famiglia un mese fa. «Tutto ciò che vorrei...» è la sola frase che Gianluca ha trovato la forza di scrivere vicino a quell’immagine di una gioia che non tornerà più. A portarsi via tutto all’improvviso è stata quella maledetta panchina contro cui adesso monta la rabbia della gente. Basta scorrere i commenti sui social: «Devono spiegarmi cosa ci facesse lì quell’aggeggio infernale...», «Non si può morire così», «Drammi del genere non dovrebbero mai accadere», «Una tragedia annunciata». La procura ha già aperto un’inchiesta, affidata al pm Silvia Bertuzzi. «Attendo anch’io gli esiti delle indagini interviene il sindaco Daniela Castro, stravolta dall’accaduto -. I collaudi erano andati a buon fine, ma adesso è innanzitutto l’ora delle lacrime».