Periferie, nuovo strappo delle imprese col governo
L’attacco di Assindustria Venetocentro. E oggi a Venezia si raduna l’asse dei sindaci
Imprese, commercianti, VENEZIA architetti e primi citta- dini compatti contro il blocco del bando periferie previsto nell’emendamento al decreto milleproroghe. Vengono fermati investimenti per 1,6 miliardi di euro e liberati per quest’anno appena 140 milioni .
«Lo stop ai finanziamenti VENEZIA del bando periferie ci lascia sconcertati. Solo i Comuni di Padova e Treviso rischiano di perdere 32 milioni di euro, e in tutto il Veneto si arriva a 150 milioni». I vertici di Assindustria Venetocentro tornano a sparare ad alzo zero contro le scelte del governo gialloverde e, dopo aver bocciato senza appello il decreto dignità — facendo leva soprattutto sulla Lega, che in questo territorio e all’interno del bacino delle imprese pesca molti voti — si scagliano contro il milleproroghe. Massimo Finco e Maria Cristina Piovesana chiedono ai sindaci di fare fronte compatto e «superare le divisioni di appartenenza politica, pensando ai cittadini che rappresentano e alle economie del territorio».
Un appello condiviso anche da Massimo Zanon, presidente di Confcommercio Venezia: («Rinviare il rilancio delle periferie significa, dopo la morte di molte imprese far chiudere anche quelle rimaste»). E pure dagli architetti, come sottolinea la presidente dell’ordine veneziano, Anna Buzdirettamente zacchi: «L’emendamento approvato dal Senato — ha detto — sta provocando un danno non giustificabile. Il processo messo in moto con il finanziamento prevede la partenza del progetto esecutivo, dell’appalto e della fase esecutiva. L’interruzione crea una perdita di denaro e, in questo caso, si tratta di soldi pubblici». Che le categorie si rivolgano ai primi cittadini non è un caso: oggi, alle 11, il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro ospiterà i colleghi di tutto il Veneto proprio per fare chiarezza sulla questione.
L’emendamento blocca investimenti per 1,6 miliardi di euro ma libera per quest’anno solo 140 milioni da dividere tra ottomila amministrazioni virtuose e tra le città metropolitane che rispettano gli equilibri finanziari. Qualcuno aveva esultato all’idea di poter sfruttare gli avanzi di bilancio ma quei fondi arrivano a 16,1 miliardi di euro, di cui 10,8 in capo alle Regioni, 3,6 ai Comuni e il resto alle ex Province e città metropolitane; entro il 2021 sarà utilizzabile poco più di un miliardo, suddiviso in quattro anni a tranche di 140, 320, 350 e 250 milioni. Lo stop al piano periferie fa anche piazza pulita di 1,9 miliardi di investimenti privati, con un altissimo rischio di contenziosi. In Veneto, il piano periferie avrebbe dovuto erogare circa 265 milioni, di cui 150 pubblici e 115 privati, per cento interventi in 19 Comuni, coinvolgendo un milione e 260 mila cittadini, il 25 per cento dei veneti. Venezia invierà comunque i suoi progetti esecutivi a Roma, Padova non intende fermare alcun cantiere — neppure quelli a firma Bitonci — e anche Vicenza, che rischia meno di altre città perché al quarto posto della graduatoria nazionale e quindi già in possesso di circa 4,5 milioni, sarà oggi a Ca’ Farsetti, sede del Comune in laguna. Al tavolo dovrebbero esserci tutti i sindaci dei capoluoghi. Da Verona (con Federico Sboarina, che andrà con il suo vice) a Padova. Rovigo sarà rappresentato dal vicesindaco Andrea Bimbatti, preoccupato di vedere sfumare la riqualificazione dell’ex ospedale Maddalena e il rifacimento di cinque chilometri di strade e marciapiedi; per Belluno invece ci sarà il sindaco Jacopo Massaro che ieri ha ricordato i suoi sette progetti già in partenza, per quasi un milione di euro («Non si possono revocare i finanziamenti a posteriori e venir meno ad un patto»). E sarà presente pure Mario Conte, sindaco di Treviso: «Non con spirito accusatorio— ha precisato — ma per capire quali richieste fare al governo. Io sono qui da due mesi e molti dei progetti ereditati sono allo stadio esecutivo. Certo, le nostre priorità sono altre ma se c’è il fondo periferie si faranno».