Caporalato, il medico lascia la cella Il finanziere: mai barato sui permessi
Da ieri sera Lanzafame è ai domiciliari. I «complici» si difendono
Sua sorella è andata a prenderlo all’uscita dal carcere nel tardo pomeriggio di ieri. E così per il dottor Anfio Lanzafame, medico di base in pensione di 78 anni ma tuttora operativo per un sindacato e una serie di pazienti che gli sono rimasti legati,è terminata la permanenza dietro le sbarre di una cella a Montorio. Decisive, per garantirgli la concessione dei domiciliari, sono state le conclusioni tratte dei medici del carcere: ieri, il gip Raffaele Ferraro ha atteso di esaminare la relazione che aveva chiesto al penitenziario sabato, al termine dell’interrogatorio durante cui per ore, difeso dall’avvocato Francesco Delaini, si era proclamato «estraneo a tutte le accuse» ribadendo a più riprese di non aver mai «corrotto nessuno» e di «non» essere un corruttore. «Ma quali bustarelle, quali regali... Non sono mai stato pagato e non ho mai pagato nessuno, tantomeno quei due funzionari dell’Inps». Si era difeso per 4 ore, quindi aveva chiesto tramite il suo legale di poter uscire dalla cella, adducendo anche ragioni di salute. Alla sua audizione aveva assistito il pm Beatrice Zanotti, titolare dell’inchiesta coronata giovedì nel blitz durante cui la Finanza ha tratto in arresto sei persone. In passato anche vicesindaco, Lanzafame è considerato il vero «dominus» di un’organizzazione legata secondo l’accusa a caporalato, braccianti sfruttati e truffe all’Inps tramite certificati falsi. Ai domiciliari erano finiti una sua collaboratrice, Teresa Bari, mentre per Pierluigi Menegazzi, anche lui collegato con Lanzafame, era stato disposto l’obbligo di firma. Agli arresti anche i funzionari Inps Antonio Bova e Paolo Sabaini. Sono accusati a vario titolo di corruzione per l’esercizio della funzione, falsità ideologica commessa di pubblico ufficiale in atti pubblici, truffa aggravata ai danni dello Stato. Nell’indagine sarebbe emerso poi un duraturo rapporto di amicizia tra il medico e un finanziere, il luogotenente Antonino Reina, 53 anni, in forza alla Compagnia di Soave, che ieri ha negato di aver beneficiato di almeno due certificati falsi di attestazione di patologie che gli avrebbero - se veritiere - consentito di assentarsi dal lavoro, spiegando con il suo difensore Nicola Avanzi che «la sua patologia è reale e documentata, come dimostra la protesi all’anca che gli è stata applicata».