Corriere di Verona

Kebab e pizza il boom: in 5 anni oltre cento in più

In provincia, in cinque anni, spuntati 118 nuovi take away. Mentre chiudono bar e ristoranti

- Gi.Co.

Meno piatti di pasta e calici di vino, più fette di pizza e bottigliet­te di Coca-Cola. Se la galassia dei bar e dei ristoranti continua a soffrire e si rifiuta di ammainare la bandiera della crisi, il ricco universo dei take away prosegue nella sua crescita inarrestab­ile, una costellazi­one di pizzerie al taglio, friggitori­e e venditori di kebab che si moltiplica­no in ogni provincia d'italia. E a Verona in particolar­e: il territorio scaligero, con i suoi 98 Comuni, si piazza al dodicesimo posto in Italia per la crescita dei locali «a portar via»: tra il 2013 e il 2018, secondo uno studio di Unioncamer­e, si sono registrati 118 locali in più nel Veronese, nonostante il blocco che insiste da anni nel capoluogo.

Cinque anni fa si contavano 480 esercizi di questo tipo, oggi sono 598, un aumento del 25 per cento. Numeri simili disinnesca­no anche la vera criticità del settore, la scarsa capacità di sopravvive­nza a lungo termine: se è vero che, in media, una pizzeria al taglio su due chiude entro cinque anni dalla sua apertura, nel Veronese il ricambio pare tanto veloce da non temere flessioni, almeno per il comparto nel suo insieme.

Ben diversi i numeri di Confcommer­cio su bar e ristoranti «tradiziona­li», che sembrano vittime di una moria simile, senza però poter contare sullo stesso ciclo di nuove aperture: in provincia il 2017 si è chiuso con un saldo negativo per 195 unità; cucine e sale hanno visto 118 iscrizioni e 202 cessazioni, mentre i bar contano appena 113 inaugurazi­oni a fronte di 224 saracinesc­he abbassate in via definitiva. Uno stillicidi­o che, nelle scorse settimane, il presidente del sindacato caffèbar di Confcommer­cio Verona, Manuel Baldo, attribuiva a lungaggini burocratic­he e alla concorrenz­a di feste e sagre, di circoli privati e agriturism­i. «Poi ci sono i costi crescenti di forniture e lavoro - continuava Baldo - a fronte di prezzi praticamen­te fermi da almeno cinque anni».

Problemi che sembrano non preoccupar­e troppo i take away, sempre più spesso a conduzione extra Ue: «Il successo di questa tipologia di imprese ed il loro accentuato turnover deriva dal fatto che sono attività facili da aprire e a basso impegno economico - spiega Confcommer­cio - ma chi non ha profession­alità sufficient­i per garantire qualità, evolversi e magari trasformar­si in pubblico esercizio soccombe e chiude». Pizzaioli e «kebabbari» sono soprattutt­o egiziani, pakistani e turchi, ma proprio negli ultimi anni sono aumentati anche gli afghani e i bengalesi.

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Senza sedersi In tanti preferisco­no un pasto veloce, in strada

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