Il nodo delle risorse e degli investimenti, irrealistico il ritorno alle gestioni statali
Revocare la concessione alla società Autostrade per l’Italia? La dichiarazione in questo senso dei ministri Di Maio e Toninelli e dello stesso presidente del consiglio Conte, a seguito del tragico evento di Genova, ha avuto pesanti riflessi sul titolo in borsa e indotto la società concessionaria a reagire diffondendo una nota nella quale sottolinea l’indennizzo miliardario che le spetterebbe in caso di revoca.
Le dichiarazioni degli esponenti governativi si spiegano con le esigenze della comunicazione politica: individuare immediatamente un responsabile da offrire alla rabbia del pubblico; quelle della società concessionaria con le ragioni dell’economia: arginare gli effetti della ( minacciata) perdita della concessione sul valore della società.
Ma entrambe appaiono quantomeno incaute ed improvvisate. Innanzitutto più che di revoca, nel caso in questione, dovrebbe parlarsi di decadenza. La revoca è infatti il provvedimento con il quale l’amministrazione rimuove un suo precedente provvedimento ad efficacia prolungata (nel caso, la concessione) divenuto inopportuno per ragioni di interesse pubblico sopravvenuto o per mutamento della situazione di fatto o persino per una rivalutazione dell’interesse pubblico originariamente considerato. In questi casi la legge (art. 21 quinquies della legge 241/1990 come modificata dalla legge 15/2005) prevede un indennizzo. Nel caso, invece, in cui la concessione venga posta nel nulla a causa dell’eventuale inadempimento del concessionario, o per una diversa ragione sanzionatoria, impropriamente si parla di revoca trattandosi piuttosto di una decadenza del provvedimento.
Al di là del nomen, tuttavia, ciò che conta è
che nel caso di decadenza si ritiene che nessun indennizzo sia dovuto non rientrando questa fattispecie nella revoca disciplinata dall’art. 21 quinquies. Appare del resto ragionevole che se il concessionario non abbia adempiuto agli obblighi scaturenti dal disciplinare di concessione , non possa pretendere di essere indennizzato nel caso in cui il concedente lo dichiari decaduto dalla concessione , tant’è che tutti i disciplinari di concessione distinguono di regola fra revoca e decadenza anche per le conseguenze indennitarie. È evidente dunque - senza entrare nel merito della specifica disciplina convenzionale in essere con la società Autostrade per l’Italia - che ove venisse accertata la responsabilità della concessionaria per un evento di queste dimensioni, con decine di morti e una perdita di immagine anche per il concedente, lo Stato italiano, sarebbe ben difficile per il concessionario pretendere indennità di sorta. Imprudente dunque il presidente del consiglio che, da giurista qual è , non avrebbe dovuto avventurarsi in affermazioni così categoriche senza prima aver accertato le concrete responsabilità dell’accaduto, dimenticando inoltre che l’adozione di un provvedimento di revoca comporta precisi adempimenti formali (accertamenti preliminari, comunicazione di avvio del procedimento ,contestazione degli addebiti, rispetto di termini per le controdeduzioni della concessionaria , etc.) prima di assumere qualsiasi provvedimento decisorio che deve essere ampiamente motivato. Ma imprudenti anche i vertici della concessionaria che alla minaccia di revoca ( rectius, di decadenza) hanno risposto sventolando pretese indennitarie infondate se fossero fondate invece le ragioni della decadenza.
Meglio sarebbe stato per entrambi rimettersi alle doverose e complesse verifiche tecniche prima di annunciare qualsiasi iniziativa. Ma puerili sembrano anche le posizioni assunte da molti intellettuali interrogati dai media che si sono cimentati con irrealistiche prospettive di superamento del sistema delle concessioni per tornare alla gestione diretta da parte dello Stato o peggio ancora con critiche al sistema capitalistico in cui gli azionisti di una società pretendono di avere utili dalla stessa!
Dimenticando evidentemente lo stato penoso di molte strade gestite direttamente dall’Anas e che il sistema delle concessioni di costruzione e gestione delle opere pubbliche ha consentito la realizzazione dell’intera rete autostradale italiana fin dal 1929. Un sistema che richiede ai privati di anticipare le risorse per la realizzazione dell’opera pubblica che lo Stato poi remunera lasciando loro i pedaggi, un sistema diffuso in Europa e nel mondo e da tutti considerato uno strumento straordinario per attrarre finanziamenti privati a vantaggio della comunità.
Attenzione dunque a non strumentalizzare un evento tragico che ha rilevato deficienze nei controlli tecnici o nella manutenzione, entrambi doverosi nel sistema delle concessioni, e insieme ha messo in luce i limiti dei materiali e delle tecniche di costruzioni, per i quali non dobbiamo smettere di studiare e investire. Questo il messaggio che ci giunge da Genova, raccogliamolo per capire ciò che non ha funzionato in concreto, non per mettere in discussione , ogni volta, il sistema. *docente e avvocato