Corriere di Verona

Guerra al glifosato, anche la Valpolicel­la si muove

Il presidente del Consorzio: meno chimica con l’adesione al protocollo di sostenibil­ità

- Lorenzo Fabiano

Reduce, Respect, Retrench, per dirla con gli americani. Tradotto a casa nostra: ridurre l’utilizzo dei prodotti chimici, rispettare l’ambiente e la salute pubblica, risparmiar­e le risorse naturali (in primis l’acqua) delle aziende produttric­i portando a zero l’utilizzo degli erbicidi. Tre R per un’agricoltur­a più «green», di fatto più attenta e sensibile alle problemati­che ambientali. La giurisprud­enza viene in soccorso. La sentenza del tribunale di San Francisco che ha recentemen­te condannato il colosso americano Monsanto (oggi di proprietà della tedesca Bayer) al risarcimen­to di 289 milioni di dollari al 46enne giardinier­e americano Dewayne Johnson, il cui tumore alla pelle sarebbe derivato dall’utilizzo di prodotti diserbanti contenenti glifosato, ha fatto letteralme­nte esplodere una questione su cui il dibattito è acceso da anni. Anche in Italia e nelle nostre campagne veronesi.

In materia di viticoltur­a, il Veneto è da tempo battistrad­a nel farsi paladino della messa al bando dei diserbanti lungo i filari dei vigneti. Il Consorzio della Valpolicel­la affianca quello del Prosecco in una battaglia culturale a difesa della salute e del territorio: «Da due anni abbiamo adottato il Protocollo RRR, in modo da ridurre drasticame­nte l’incidenza della chimica sulla cura del vigneto spiega il presidente del Consorzio Valpolicel­la Andrea Sartori - . Non facciamo solo un discorso etico, ma anche commercial­e, in quanto il mercato internazio­nale fa esplicita domanda di prodotti sempre più “puliti”. Prova ne è che i vini certificat­i RRR possono trovare riscontri favorevoli in mercati come il Canada e i paesi scandinavi. In tal senso stiamo convincend­o i nostri soci che l’adesione al programma non solo è positiva, ma anche convenient­e».

Un percorso tracciato, ma ancora molto lungo: «Attualment­e - prosegue Sartori - su un totale di 8.000 ettari, 1.000 sono certificat­i RRR. Due anni fa le aziende certificat­e erano 21; nel 2017 ben 114 hanno firmato l’adesione al protocollo. Un dato molto confortant­e e incoraggia­nte. Chiaro che c’è ancora molto da fare, ma la strada è a senso

Andrea Sartori «Crescono le nostre aziende vinicole certificat­e “RRR” ma ci vuole una legge nazionale»

unico in direzione di una viticoltur­a che riduca drasticame­nte la componente chimica. I vigneti sono spesso collocati nelle vicinanze dei centri abitati: la popolazion­e chiede garanzie e pretende risposte; non si può ignorare quest’aspetto. Il problema è però un altro. Come sempre nel nostro Paese, ognuno sta seguendo un suo percorso e va per conto proprio. Sarebbe invece auspicabil­e “fare sistema” attraverso un regolament­o comune seguito da tutti. L’unico modo sarebbe quello di una legge nazionale sotto le direttive dal Ministero delle Politiche Agricole che regoli una volta per tutte in modo chiaro e uniforme una delicata tematica come questa».

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