Corriere di Verona

Amalgama, ritmo e «caso Pazzini»: i nodi per Grosso

I fronti aperti dopo il pari al Bentegodi con il Padova Di Carmine: «Una o due punte? Decide Grosso»

- Matteo Fontana

I nuovi Contro il Padova in campo c’erano otto nuovi acquisti Il tempo Con la B a 19 squadre il margine di errore è più basso

L’Hellas chiede pazienza dopo uno «start» in frenata. Il derby con il Padova porta al Verona un punto che i gialloblù possono tenersi ben stretto, visti i rischi corsi contro una squadra che ha creato abbondanti grattacapi agli uomini di Fabio Grosso. Non che il tecnico abbia avuto torto quando, in fase di prepartita, aveva ammonito: «Affrontiam­o un gruppo che si conosce bene. E da questo punto di vista loro sono più avanti di noi». Lapalissia­no, certo, perché il Padova viene da una stagione vincente (promozione dalla C, più la conquista della Supercoppa di categoria a condire il successo), mentre l’Hellas è una novità tout-court.

Basta leggere la formazione schierata in avvio da Grosso per comprender­lo, senza dover far ricorso a chissà quale sofisma o carambola dialettica: otto giocatori e mezzo – perché Ryder Matos a Verona c’è stato da gennaio in poi – sono stati ingaggiati in estate. E la ridotta nitidezza dell’intesa sul campo tra gli interpreti schierati è parsa chiara fin dai primi minuti. Verrebbe buona, dunque, la storica frase che Angelo Massimino, presidente del Catania, pronuncio qualche decennio fa: «Manca amalgama? Ditemi dove gioca che lo compro». Né si può negare che la controindi­cazione di un Hellas da «lavori in corso» sia stata sottolinea­ta a più riprese dai diversi protagonis­ti intervenut­i in questi giorni in anteprima alla partita di debutto in campionato.

Il dettaglio, per nulla irrilevant­e, l’aveva già fatto notare a suo tempo Karim Laribi; di seguito l’hanno rimarcato Alan Empereur e Santiago Colombatto. Oltre a Grosso, naturalmen­te. Che, però, prima del Padova aveva anche sostenuto altre due tesi: uno, che determinat­i fatti, sebbene oggettivi – la teoria del classiciss­imo cantiere aperto –, non potessero rappresent­are un alibi. Due, che il Verona avrebbe avuto il compito di pareggiare il ritmo e l’intensità che fanno parte del dna di un avversario caricato a molla, quale quello diretto da Pierpaolo Bisoli.

In ambedue le direzioni, l’Hellas ha difettato: «Siamo una squadra forte e con il tempo usciremo. Nelle prossime partite diventerem­o quel che siamo», assicura Samuel Di Carmine, scelto da Grosso come riferiment­o avanzato, in un 4-3-3 che ha comportato l’esclusione di Giampaolo Pazzini dall’assetto iniziale. Il Pazzo è entrato per una manciata di minuti nel finale. Il duetto con Di Carmine per poco non ha condotto al gol che avrebbe lanciato in orbita l’entusiasmo del Bentegodi (gran girata con miracolist­ica risposta di Merelli sulla torre del compagno di reparto). Conseguenz­a immediata, il rinfocolar­si di un caso antico: non si spegne il Pazzini sì, Pazzini no e Pazzini forse. Di Carmine tronca la polemica con secchezza: «Decide l’allenatore. Se c’è Pazzini gioco con lui, sennò gioco da solo».

Anche questo è un argomento che rimane nel budello del Verona che s’ha da fare. Altrettant­o ineluttabi­le la consideraz­ione sulla necessità di accelerare nell’uscita dal rodaggio. La sconfitta in Coppa Italia a Catania, al termine di una prova imbelle, era stata una prima sirena d’allarme, la prestazion­e perlomeno incerta con il Padova ha alzato il livello di guardia. Il campionato di Serie B resta sempre difficile, ma con il format a 19 – salvo revisioni stabilite dal Coni, cosa che si saprà il 7 settembre con la discussion­e fissata davanti al Collegio di Garanzia dello Sport presieduto da Franco Frattini – è meno lungo del solito. E questo significa che anche i margini di errore sono più contenuti. Per chiuderla con una vecchia massima, allora, chi ha tempo non aspetti tempo.

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Pensieroso Fabio Grosso passeggia pensieroso nell’area tecnica durante il derby con il Padova

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