Corriere di Verona

Giacino nelle scuole, programma di riflession­e sulla corruzione politica per fare qualcosa di utile

- di Luciano Butti *

Un condannato per corruzione nelle scuole? Per ottenere l’affidament­o in prova ai servizi sociali, l’ex vicesindac­o Vito Giacino, condannato in via definitiva per tangenti, dovrà recarsi presso scuole o centri frequentat­i da giovani per iniziative «di sensibiliz­zazione volte a far riflettere i cittadini sulla delicatezz­a dei doveri etici di un amministra­tore pubblico».

La decisione, adottata dal Tribunale di Sorveglian­za, ha generato comprensib­ili perplessit­à ed anche vivaci polemiche. Vi sono peraltro precedenti nei quali persone condannate per gravi reati – dopo un periodo di riflession­e – sono state coinvolte, in alcuni casi con esito positivo, in discussion­i pubbliche collegate anche alla loro esperienza. E immagino che i giudici del Tribunale abbiano valutato con molta attenzione l’atteggiame­nto con il quale oggi Giacino – il quale ovviamente non può più svolgere la profession­e legale - si prepara ad affrontare questo percorso, che per lui dovrebbe essere ulteriorme­nte rieducativ­o.

Ritengo peraltro che il problema sia più generale, e riguardi la cultura (o incultura) politica che sta alla base di molti fenomeni di corruzione. Cultura della quale Giacino era un fervente e pubblico sostenitor­e. Vi è una stupefacen­te intervista rilasciata dall’ex vicesindac­o al Corriere il 7 novembre 2013, poco prima che venisse resa nota l’inchiesta che lo ha travolto. Si parlava di uno dei molti centri commercial­i allora in cantiere e Giacino assicurava che i nuovi dipendenti sarebbero stati assunti dall’azienda privata con selezioni da tenersi «presso gli uffici comunali», con il Comune a fare da garante dell’assunzione di «giovani».

In successive dichiarazi­oni, Giacino precisò persino che l’opposizion­e avrebbe potuto «assistere» alle selezioni: come se si trattasse delle audizioni per la selezione ad una carica pubblica.

Ora, quando si tratta di assunzioni pubbliche, la legge prevede che esse debbano avvenire solo per concorso. Quando le assunzioni sono private, decide l’imprendito­re. Far passare invece l’idea che il Comune possa garantire «i giovani» serve solo a convincere i nostri ragazzi e le loro famiglie che conviene cercarsi un santo protettore in Comune. E se non lo trovano nella maggioranz­a, che lo cerchino nei ranghi dell’opposizion­e.

Sono questa invadenza primitiva della peggiore politica e questo familismo amorale – purtroppo ancora diffusi - a costituire la base della corruzione, persino più dell’avidità dei singoli. E sono questi atteggiame­nti ad aver spinto ed a spingere tante ragazze e tanti ragazzi brillanti ad emigrare dall’Italia.

Molto perciò dipenderà dagli obiettivi concreti e dalle modalità di svolgiment­o del programma che riguarderà Giacino: obiettivi e modalità che dovranno essere definiti dall’Ufficio per l’esecuzione penale esterna (Uepe). Se – e soltanto se – il coinvolgim­ento di Giacino avverrà nell’ambito di un programma tendente a riflettere sul fenomeno della corruzione politica nel suo complesso, anche a prescinder­e dai casi di ruberia, avremo costruito qualcosa di utile per la collettivi­tà.

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Condannato Vito Giacino

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