L’Arena aspetta dieci milioni, ne è arrivato uno
Erogazione a rilento, nonostante i sacrifici. I sindacati: «Il ministro ci riceva»
Mentre i sindacati chiedono un incontro con il ministro Bonisoli sulla delicata vertenza in atto, si apprende che alla Fondazione Arena è arrivato il primo dei dieci milioni di euro previsti dalla legge Bray. Verrà usato per pagare i tfr arretrati, i nove mancanti servono invece per i creditori. Sono soldi stanziati in cambio del duro piano di risanamento triennale che scade a fine anno, mentre regna ancora l’incertezza su quel che succederà dal primo gennaio 2019.
In questi giorni una buona fetta del personale della Fondazione Arena (tra orchestrali e tecnici) si trova in trasferta in Oman per tre spettacoli alla Royal Opera House di Muscat con Placido Domingo. Ma a tornare di stretta attualità è la vertenza con i sindacati all’origine dello scontro esploso pubblicamente tra la sovrintendente Cecilia Gasdia e i suoi manager, con la prima disposta a fare concessioni e i secondi a difendere la trincea del rigore.
Le segreterie nazionali di Slc-Cgil, Fistel-Cisl, UilcomUil e Fials-Cisal hanno richiesto un incontro con il ministro dei Beni Culturali Alberto Bonisoli, preoccupati «per la situazione che si è venuta a creare» e che «rischia concretamente di rendere inutile il grande sforzo fatto dai lavoratori». Bonisoli, nei giorni scorsi, aveva chiesto una relazione scritta proprio sulla crisi al vertice dell’Arena e sulle sue conseguenze.
Il nocciolo della questione è la scadenza, al 31 dicembre, del piano di risanamento triennale che ha portato ad un taglio drastico del costo del lavoro con l’eliminazione del corpo di ballo e, soprattutto, con la chiusura forzata della fondazione nei mesi di ottobre e novembre (52 giorni lavorativi, risparmio di 2,4 milioni). Una soluzione, quest’ultima, «che non trova pari condizioni, pesantemente negative per i lavoratori, nei piani presentati dalle altre Fondazioni che hanno aderito ai piani di risanamento».
Cosa accadrà a partire dal primo gennaio 2019 è stato l’interrogativo che ha dominato l’agenda di oltre 50 inconcludenti incontri nel corso dell’anno tra Fondazione e sindacati. Il nodo principale è il ritorno alla piena funzionalità del teatro, con l’attività spalmata su dodici mesi e non più su dieci, tanto più che i lavoratori non potranno più accedere ai contributi di sostegno al reddito cui hanno avuto accesso in questi tre anni durante lo stop forzato. Altri temi, tra cui il contratto dei lavoratori aggiunti e la richiesta di ripristinare il corpo di ballo (anche a fronte del primo reintegro di un ballerino licenziato da parte del Tribunale) sono sul tavolo.
In cambio dei pesanti sacrifici imposti dal piano, alla Fondazione Arena sarebbero dovuti arrivare dieci milioni di euro (sotto forma di mutuo trentennale agevolato) stanziati nell’ambito della legge Bray. Di questi soldi, finora, si erano perse le tracce. Emerge ora che, durante uno degli ultimi faccia a faccia con i sindacati, sia stato comunicato informalmente il bonifico del primo milione. «Ce lo hanno detto così, come un pour parler - lamenta Paolo Seghi della Cgil - senza spiegarci a cosa saranno destinati».
Dalla Fondazione, confermano l’arrivo di quel milione e spiegano che servirà a pagare Tfr arretrati. Gli altri nove, che dovranno invece ripagare i creditori (e quindi contribuire ad abbattere il debito di circa 25 milioni di euro), non sono stati ancora erogati. «Il ministero dice che pagherà una volta che la Fondazione farà l’accordo con i creditori, la Fondazione dice di aver difficoltà a fare l’accordo senza i soldi del ministero - spiega Ivano Zampolli della Uil - Così facciamo fatica ad uscirne. E uno dei motivi per cui andiamo dal ministero è anche non tanto per sbloccare i fondi, ma per uscire da questa diatriba». Alessio Corazza