«Scuole nel bosco» e gruppi alternativi il piano B dei No vax veronesi
«Con i nidi e le scuole materne abbiamo chiuso, non saremo noi a creare problemi nei prossimi giorni». La prossima settimana inizia l’anno educativo delle scuole materne comunali e riapriranno, in provincia di Verona, anche molte scuole della Fism, quelle di gestite da parrocchie e ordini religiosi cattolici, oltre che quelle statali. Sarà la prova del nove, dopo le prime avvisaglie altrove in Veneto, per quanto riguarda il decreto Lorenzin. In provincia di Padova, dove molte scuole dell’infanzia hanno già aperto i battenti, sono rimasti esclusi 19 alunni. «Figli dei no vax» secondo l’interpretazione data da chi le dirige. In realtà l’ambiente antivaccinista è fatto di scale di grigio, come ha confermato anche di recente l’Usl Scaligera: da chi si oppone a tutti i vaccini per una questione ideologica, fino agli sbadati. Lo zoccolo duro dei no-vax, a Padova, ha annunciato che organizzerà le proprie scuole per l’infanzia. E a Verona? A quanto pare non ce n’è bisogno. Per due motivi. Il primo riguarda la politica delle scuole Fism, più flessibile rispetto a Padova: per il momento qui tutti si accontentano dell’autocertificazione. Il secondo: le scuole «alternative» esistono già. Non sono scuole no-vax, anzi, in alcuni casi esistono da decenni: si tratta di piccole realtà, presente in un numero consistente sul territorio provinciale, che avendo meno di venti iscritti, non hanno gli obblighi di altre scuole, tra cui quello di informare l’autorità sanitaria. Tra queste anche le «scuole nel bosco», un modello scandinavo che ha ispirato in provincia diverse realtà. Secondo le associazioni vicine ai no-vax, molti aderenti avrebbero optato per queste offerte, abbandonando le materne tradizionali.