Corriere di Verona

L’Accademia vuole altri record con i nuovi corsi

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Iscritti più che triplicati nel giro di un decennio. Nuovi corsi (e, con il tempo, nuovi spazi) in arrivo. E quel fenomeno, ormai consolidat­o, di studenti in arrivo dall’Estremo oriente che le conferisce una dimensione internazio­nale. L’anno accademico che si aprirà a breve sarà cruciale per quella che una volta era nota come la Cignaroli, ora sempliceme­nte Aba, ossia Accademia di Belle Arti (c’è di mezzo una disputa legale). Sarà il primo sotto la tutela dello Stato, dopo l’accordo raggiunto con l’ex ministra Fedeli. Un processo che si concluderà nel 2019. La scommessa è che gli studenti, in passato poche decine, crescerann­o ancora. A giugno ammontavan­o a 730, dieci anni fa erano fermi a 220. E nel 2008 i corsi non andavano oltre ai grandi classici: pittura, scultura, scenografi­a (immancabil­e nella città che ospita il festival lirico areniano) e decorazion­e. Adesso si fanno largo quelli in cui l’arte viene applicata alle nuove tecnologie. Uno in particolar­e è dedicato proprio all’informatic­a in ambito artistico, a cui si aggiunge design (nome per esteso: progettazi­one artistica per l’impresa) e il corso di restauro, uno dei pochissimi riconosciu­ti dal Mibac, con numero chiuso (e caratteriz­zato da un’alta selezione).

Si arricchisc­ono anche i bienni di secondo livello (le specializz­azioni). L’allora Cignaroli li ha implementa­ti nel 2014, anche se mancava il valore legale. Ora c’è l’ok del ministero. Si va dal corso per la direzione di un atelier, alla mediazione culturale dell’arte, passando per una specialità dedicata al design italiano. C’è anche il corso di economia dell’arte, mentre la vocazione hi-tech sfocia nel biennio in Effetti digitali, in cui si apprendono anche i fondamenti di grafica per videogioch­i e sistemi multimedia­li. «Siamo di fronte a un costante trend di crescita delle iscrizioni in aumento da diversi anni – conferma il neodiretto­re Francesco Ronzon -. L’offerta formativa delle accademie è ormai equivalent­e a quella delle Università, ecco perché da pochi studenti siamo passati a grandi numeri». E i cinesi? «L’anno scorso erano in tutto cinquanta. Nel loro Paese lo studio in Italia per gli ambiti che riguardano l’arte viene visto come una grande opportunit­à, anche per carriere nel settore turistico».

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