Kiwi, melagrane o kaki gli aceti da Oscar di Eleonora
A 18 anni riscopre (con il padre) metodi antichi di produzione
Producono aceto da frutti particolari: melagrane, kiwi, aronia (una bacca ricca di vitamina k) ma soprattutto il kaki, pianta originaria della Cina, oggi diffusa in tutto il mondo. L’obiettivo è «far riscoprire ai consumatori i valori dimenticati dell’aceto». E il metodo è antico, «a lenta acetificazione naturale», secondo un bagaglio che arriva dall’Oriente. L’azienda è di Villafontana, si chiama Saporea, la gestiscono Milco Farinazzo (in passato antiquario del mobile, da lì i viaggi orientali) e Giovanna Prevarin, cioè i genitori di Eleonora Farinazzo. Lei di fatto è parte dell’avventura e a lei ieri è andato l’Oscar Green del Veneto, 12esima edizione del concorso con cui Coldiretti premia l’innovazione in agricoltura. Premiata, Eleonora, insieme a un’altra giovane imprenditrice veronese, Sofia Maria Tezza di Sona, che per raccontare a tutti il proprio olio lo accompagna alle etichette «parlanti» in braille, sistema di scrittura e lettura a rilievo per non vedenti. Dalla cerimonia del Bo di Padova, dunque, presenti circa 400 neo-imprenditori da tutto il Veneto, «un’iniezione di speranza per il sistema economico e del Made in Italy» (così Daniele Salvagno, presidente regionale e provinciale di Coldiretti) ecco il ritratto di Saporea. Racconta Milco Farinazzo: «L’aceto, in modo particolare in Italia, è considerato un mero condimento. Ci siamo dimenticati invece ch’è prodotto da 5 mila anni, ch’era usato anche come medicinale, che anche una parte delle nostre cellule n’è composta e che ha numerosi effetti benefici: meno calorie, aiuta a smaltire gli zuccheri, energizza ed è un forte battericida». Vendita iniziata l’anno scorso, circa duemila bottiglie prodotte nel 2017 e distribuite tramite l’ecommerce (sul sito ufficiale dell’azienda), le gastronomie e altri punti della provincia e in città, l’idea è rispettare la natura: «Il metodo antico per produrre l’aceto aspetta che la natura faccia il suo corso, quindi trasformi il fermentato del frutto in aceto, usando poi solo dell’altro aceto vivo – spiega Eleonora – Questo metodo ha il problema di impedire produzioni dai volumi enormi. Ma di certo si discosta dalla produzione industriale, soprattutto per le sue caratteristiche salutistiche: più avanti, sul metodo di produzione, registreremo anche un marchio».