Adesso il Chievo rischia 15 punti di penalizzazione
Plusvalenze «gonfiate», la procura Figc chiede 15 punti di penalizzazione e inibizione per Campedelli
Caso plusvalenze, la procura Figc conferma la richiesta di 15 punti di penalizzazione e tre anni di inibizione per il presidente Campedelli. Ma per il Chievo il deferimento è nullo perché non firmato dal procuratore generale.
Confermata la linea dura, ma i legali del club contrattaccano: «Deferimento nullo, manca la firma del procuratore generale»
La procura Figc è rimasta ferma sulla sua richiesta precedente: -15 punti di penalizzazione e tre anni di inibizione per il presidente Luca Campedelli. Il Chievo ha risposto che «calcoli e valori dei giocatori su cui si basa la richiesta sono totalmente infondati» e, novità, ha sollevato un altro problema d’improcedibilità partendo dal fatto che «il deferimento non è firmato dal procuratore federale». La sentenza di primo grado è attesa entro l’inizio della settimana prossima ma intanto questo è quanto successo ieri mattina a Roma, di fronte al tribunale federale, nell’udienza del secondo processo sportivo al Chievo sulle plusvalenze col Cesena. Morale, il Chievo non rischia più la B ma – aspettando la sentenza di primo grado, l’eventuale appello e il Collegio di garanzia del Coni – una forte penalizzazione sull’attuale, già di per sé difficile campionato.
Era dato per scontato, dunque, e difatti la procura guidata da Giuseppe Pecoraro, circa quelle trenta operazioni di compravendita fra Chievo e Cesena contabilizzate nei bilanci fra 2014 e 2017, non s’è discostata dal primo processo sportivo, quello finito nel nulla per un errore di forma della procura stessa: «Plusvalenze fittizie per 25,3 milioni», l’accusa rimane quella di aver sopravvalutato il valore dei trenta calciatori in questione violando l’articolo 8 del codice di giustizia sportiva, che definisce i contorni dell’illecito amministrativo. Col -15 del primo deferimento si chiedeva di far scontare la penalizzazione al Chievo sulla classifica 2017/18, condannandolo così alla retrocessione. Mentre qui l’eventuale penalizzazione inciderebbe sulla classifica del campionato attuale.
Nel merito, il legale del Chievo, l’avvocato milanese Marco De Luca, è tornato ieri a insistere su un concetto: «Per i calcoli e per i valori dei giocatori, le richieste della Procura sono totalmente infondate visto che si fa riferimento a certi siti internet (vedi Transfermarkt, ndr) e a valori che sono decisamente sbagliati per tutte le transazioni fatte in Italia negli ultimi anni e quindi non vedo perché le abbia potuto prendere a riferimento. I valori oggettivi sui ragazzi di quindici-sedici anni sono valori soggettivi». Al netto degli errori di calcolo che il Chievo contesta alla procura nel valutare gli effetti delle plusvalenze sul bilancio, il punto è sempre quello. Prendiamo ad esempio Carlo Alberto Tosi, terzino 18enne, plusvalenza più alta nel bilancio del Chievo chiuso al 30 giugno 2017, ceduto al Cesena per 4,5 milioni. Come spiegava il 26 giugno scorso al Corriere di Verona l’esperto di diritto sportivo Francesco Casarola, «il problema cardine nel definire le plusvalenze è il valore esatto del calciatore: nessuno di noi può dire quale esso sia perché il valore stesso lo dà il mercato e se la controparte paga quanto tu chiedi allora il calciatore non può avere un valore assoluto». Certo è che il tribunale federale, il 25 luglio scorso, aveva condannato il Cesena, patteggiante, scrivendo di una «evidente sopravvalutazione dei calciatori» e ritenendo «raggiunta la prova degli illeciti contestati dalla procura Figc». Come noto il Chievo non ha patteggiato, semmai si è difeso e anche ieri ha ricordato che «anche quest’anno la Covisoc (la commissione Figc che valuta la situazione economico-finanziaria dei club, ndr) ha ammesso al campionato il Chievo ritenendo assolutamente regolare la sua posizione a bilancio».
E lo spettro di una seconda, clamorosa improcedibilità? Il primo processo sportivo, per il Chievo, non era mai cominciato perché la procura Figc non aveva concesso audizione al presidente Luca Campedelli. Da lì partì la difesa del club, che ottenne ragione, col tribunale a rispedire le carte alla procura per un secondo deferimento. Ora, il Chievo solleva un altro vizio di forma: «Questo è un punto fondamentale sul quale sicuramente avremo le nostre ragioni già in questa sede sennò diversamente le avremo in appello: il deferimento non è firmato dal procuratore federale ma da aggiunti che non sono titolati secondo il codice di giustizia sportiva a meno che non ci sia un impedimento – così l’avvocato De Luca – e oggi (ieri, ndr) ci hanno detto che l’impedimento era che il procuratore federale era al mare: un bel tapiro alla Procura federale glielo vogliamo dare?».
Se il Chievo dovesse avere ragione anche in questo caso, pure il secondo processo sportivo morirebbe prim’ancora di cominciare e si dovrebbe ricominciare da un terzo deferimento, la cui data segnerebbe i 90 giorni di termine per arrivare a sentenza definitiva. Diventerebbe così, oltre che infinita, una storia surreale.
L’avvocato Marco De Luca I calcoli della procura sono totalmente infondati. I valori di calciatori di 15-16 anni non sono quelli presi a riferimento da certi siti, ma sono soggettivi