Da Vinci, robot chirurgo che opera e insegna E non gli trema la mano
Padova, i medici: «Eseguirà 400 interventi all’anno»
Michela Nicolussi Moro
E’ già pronto per il primo prelievo di rene da utilizzare nel trapianto da vivente. Il chirurgo si chiama Da Vinci ed è un robot: per l’esattezza l’ultima generazione di robot chirurgico, la frontiera più avanzata della chirurgia mini-invasiva, che vede il medico operare non più con le proprie mani ma manovrando quattro braccia meccaniche a distanza, cioè stando dentro una console dotata di due manipolatori e di pedali. Il macchinario si completa con il carrello per il paziente e il carrello visione, che contiene l’unità centrale di elaborazione delle immagini. Un gioiellino già operativo negli hub di Verona, Vicenza, Treviso, Mestre e Padova, polo quest’ultimo che ieri ha inaugurato il «gemello» più sofisticato e munito di due console, una riservata agli specializzandi in addestramento. Si affianca al modello operativo dal 2005 in Urologia e impiegato per eseguire 300 interventi l’anno.
«Il nuovo Da Vinci ne effettuerà 400 — spiega il professor Federico Rea, direttore della Chirurgia Toracica dell’Azienda ospedaliera e coordinatore del progetto — e sarà utilizzato da dodici équipe. Oltre alla mia, quelle di Cardiochirurgia, delle Cliniche Chirurgiche 1 e 3, delle Chirurgie generale, epatobiliare e pediatrica, di Otorinolaringoiatria, Urologia, Ginecologia e dai colleghi del Week Surgery e dei Centri trapianti di rene e pancreas. Ogni Unità operativa ha programmato il tipo di operazioni nelle quali impiegarlo». Per esempio può essere usato per la riparazione della valvola mitralica, per il posizionamento dei bypass aortocoronarici e gastrici, per la correzione di difetti cardiaci, per la demolizione di tumori, per il prelievo del rene da trapiantare. «A Padova il primo modello del Da Vinci arrivò nel 2005 — ricorda Rea — e servì a introdurre il bypass aortocoronarico. Poi ne è stata comprata la versione più avanzata per l’Urologia e adesso siamo al terzo modello, a disposizione di tutte le Chirurgie». E capace di eseguire movimenti ulteriori rispetto a quelli possibili alla mano umana, della quale non ha il tremore, di operare su più quadranti grazie all’immagine tridimensionale e ingrandita fino a dieci volte, di garantire una maggiore precisione e un minor tempo operatorio rispetto alla laparoscopia.
L’ha acquistato la Fondazione Cariparo con la collaborazione della Regione (700mila euro), per una spesa di 3 milioni e 873mila euro. «E’ stata soddisfatta la richiesta dei chirurghi — rivela Luciano Flor, direttore generale dell’Azienda ospedaliera di Padova — per garantire livelli di assistenza più qualificati e accedere a un’opzione terapeutica che si concili con la necessità della didattica». I vantaggi per il paziente? Incisioni piccole, minor ricorso a trasfusioni e minore dolore post-operatorio, riduzione dei tempi di ricovero e ripresa più rapida. La strumentazione ha trovato posto in una delle tre sale al sesto piano del Policlinico, appena ristrutturata. Nelle altre due ci sono un simulatore e l’area risveglio per i malati della Rianimazione. «E’ uno degli ultimi interventi del restauro generale del Policlinico, partito nel 1998 e da concludersi a ottobre, con l’inaugurazione della Rianimazione al quinto piano — annuncia Flor —. Prevede anche, al piano rialzato, la realizzazione di due sale operatorie ibride, cioè dedicate alla chirurgia endovascolare e dotate di angiografo e Tac, a disposizione delle équipe di Chirurgia vascolare e Cardiochirurgia. In attesa del nuovo ospedale staremo qui per i prossimi dieci anni, ma non rimarremo indietro. Anzi, la tecnologia ci tiene al passo con i tempi».
Il Da Vinci ne è la riprova. «E’ un sogno che si avvera dopo quattro anni — confessa il professor Donato Nitti, vicepresidente della Fondazione Cariparo e per trent’anni chirurgo in Azienda ospedaliera — l’eccellenza in sanità dipende dall’organizzazione, dalla capacità dei singoli ma anche dall’innovazione. Ecco perchè per il futuro la Fondazione sta pensando di non distribuire più contributi a pioggia per la singola Tac o per il singolo ecografo ma di finanziare progetti di respiro regionale, come questo». In linea il governatore Luca Zaia: «Stiamo predisponendo una lista delle donazioni per l’acquisto di macchinari all’avanguardia. Già adesso la Regione investe 70 milioni di euro l’anno in tecnologia ed è giusto che tale voce rientri nella programmazione. Anche se la strumentazione per il sistema pubblico ha costi maggiori e tempi più lunghi di acquisizione rispetto al privato».
«La tecnologia permette alla scuola medica un impatto migliore sulla salute pubblica — sottolinea Rosario Rizzuto, rettore dell’Università di Padova — e il Da Vinci rappresenta un’opportunità di cura miniinvasiva e di grande precisione per i malati di ogni branca. In più ha una valenza didattica, grazie alle due console». In una lavora il chirurgo, nell’altra lo specializzando, che può seguire l’intervento ed eseguirne fasi autorizzate dal collega strutturato.