Lavoro, nuovo record di assunzioni Disoccupazione sotto il 6 per cento
Veneto, in tre mesi 240 mila contratti. Quelli a termine traino verso gli indeterminati
Primo, il tasso di disoccupazione in Veneto è sceso ancora ed è tornato a livelli minimi, il 5,9%, contro un dato nazionale del 10,7%. Secondo, i contratti a tempo determinato confermano la funzione che qui hanno sempre normalmente avuto, cioè di un momento di «prova» fra neoassunto e datore che mediamente spera di poter poi stabilizzare il nuovo venuto. Le trasformazioni in rapporti definitivi, in sostanza, sono cresciute e spesso indipendentemente dagli incentivi fiscali. Terzo, il mercato del lavoro non ne risente ancora, ma c’è un raffreddamento della fase espansiva dell’economia regionale che potrebbe riflettersi sull’occupazione già a partire dai prossimi trimestri.
Sono i macro-temi contenuti nel rapporto «la Bussola» dell’agenzia regionale Veneto Lavoro diffuso ieri e con riferimento al secondo trimestre 2018. Con numeri ampiamente previsti. «Tutto come ci si aspettava» è il commento del direttore, Tiziano Barone, che segnala, casomai, fra i punti di fragilità dello scenario ai quali porre rimedio, la presenza ancora eccessiva di «scoraggiati», persone non interessate o che non cercano attivamente un impiego.
Per venire alle cifre, va evidenziato come la differenza fra le persone assunte (240.700 nel solo trimestre) e quelle che hanno interrotto un rapporto di lavoro (208.100), fra aprile e giugno scorsi, sia positiva per 32.600 unità. Eseguendo lo stesso calcolo sulla somma di entrate ed uscite degli ultimi quattro trimestri il dato non si discosta di molto e arriva a 34.300. Volendo dare uno sguardo su un periodo più ampio, anche per capire come la regione si sia riposizionata in termini occupazionali dopo gli anni della crisi, l’indagine fa notare che «a partire dal terzo trimestre 2014 le posizioni di lavoro dipendente sono aumentate di quasi 140 mila unità, recuperando le perdite innescate dalla grande recessione e raggiungendo a livello regionale i nuovi massimi storici». I 32.600 lavoratori in più registrati dal 1. aprile al 30 giugno, comunque, sono un insieme con precise caratteristiche. A contribuire al saldo positivo sono soprattutto i maschi (23.300 i nuovi posti registrati) e, in una certa misura, il personale straniero (+17.200). L’effetto deriva un po’ dalla progressione di produzioni «pesanti» come il comparto metalmeccanico ma, soprattutto, dalla flessione caratteristica di questa stagione negli ambienti dell’istruzione. Ad insegnare continuano ad essere in prevalenza le donne; ed il personale supplente licenziato alla fine dell’anno scolastico pesa per circa 18 mila unità.
Uno sguardo ancora attraverso il filtro dei settori, del resto, non può non essere condizionato dal turismo. I saldi fra assunzioni e cessazioni sono non a caso ampiamente positivi nelle province di Venezia (+24.400, sia pure in contrazione rispetto all’anno prima) e Verona (+9.400) ma più tiepidi o addirittura negativi a Padova, Vicenza e Treviso.
Va affrontata, infine, la questione ormai classica della qualità dei contratti. Quelli «buoni», perciò a tempo indeterminato, nel secondo trimestre dell’anno esprimono un saldo positivo di 24 mila unità, vale a dire l’8% in più sullo stesso trimestre del 2017. E questo grazie anche al poderoso quoziente di stabilizzazioni di contratti a termine (13 mila, +53%), mentre il numero di cessazioni, pur in lieve crescita (+4%), non va oltre quota 35.700. Anche i nuovi contratti a scadenza, tuttavia, aumentano (143.700, +2%) ma questo va inserito dopo la flessione registrata negli anni del Jobs Act con i forti sconti fiscali per le assunzioni a tempo indeterminato.
Barone Dobbiamo dare una mano agli scoraggiati che non cercano una occupazione