«Adige Sport Village, un modello di recupero urbano per il Veneto»
Barel, regista dell’operazione a Porto San Pancrazio: «Viaggeremo veloci. Ci sarà un Decathlon»
Tutto cominciò con una mongolfiera. Ovvero, con una visita dall’alto, molto in alto, dell’area ex Ferrovie a Porto San Pancrazio, lì dove ora nascerà Adige Sport Village. «Grazie a quella vista mi resi conto che era importante fare qualcosa che dialogasse col parco e col fiume, per ridare vita a quegli enormi capannoni». La racconta così Bruno Barel, avvocato e professore universitario, ispiratore della legge regionale sul consumo del suolo e regista dell’operazione veronese. «Questo progetto è un modello, non ha eguali in tutto il Nordest».
«Tutto era cominciato col volo di una mongolfiera, sette anni fa». Il professor Bruno Barel, socio fondatore dello studio legale BM&A e docente di Diritto dell’Unione Europea all’Università di Padova, è uno dei promotori e ideatori della legge regionale per il contenimento del consumo di suolo. Ma è anche uno degli ideatori del progetto Adige Sport Village approvato giovedì dal consiglio comunale e che sarà realizzato a Porto San Pancrazio. «Un lavoro eseguito in team, coinvolgendo specialisti d’ogni settore».
Ce ne racconti le origini.
«Molti anni fa, le Ferrovie misero all’asta quell’area di 32 mila metri, che intendevano abbandonare. Primo acquirente fu una società che ragionava come si faceva allora: c’è una data cubatura, la riutilizziamo e costruiamo negozi e appartamenti».
Poi, invece?
«Giustamente, l’amministrazione disse no. Si bloccò tutto, col rischio di un colossale fallimento. Tra i soci c’era la VolksBank (la Banca Popolare dell’Alto Adige, ndr), che cercò chi avesse idee da proporre. Io dissi: creiamo un gruppo di creativi, e andiamo a vedere».
E cosa trovaste?
«Facemmo una sorta di festa, a Porto San Pancrazio, per la caduta del muro di recinzione di quell’area: giochi, aperitivo ma anche una mongolfiera. Ricordo tra l’altro la commozione di una signora, che ci raccontò che da quando lavorava viveva con davanti a sé quel muro».
E la mongolfiera?
«Volevamo vedere la zona dall’alto. E lì nacque la prima idea. Poi visitammo quei capannoni immensi e abbandonati. Dalla porta che guardava l’Adige, mi mostrarono un parco. “Dove porta?” chiesi io. “In città, a piedi e in 10 minuti” mi risposero. A quel punto intuii la cosa fondamentale: il valore non è la scatola, il contenitore, ma quello che c’è intorno. Dovevamo fare qualcosa che dialogasse col parco e col fiume».
In pratica?
«La risposta non poteva che essere lo sport. Ci dissero che economicamente non stava in piedi, che era meglio un centro commerciale. Ma noi parlammo con gruppi e associazioni, analizzammo i budget e concludemmo che si poteva fare. Non darà il profitto di un centro commerciale, ma è sostenibile».
Perché lo pensa?
«Perché Verona è una citta giovane, c’è l’Università accanto, c’è un parco meraviglioso. Arriverà un Decathlon di supporto ad altre attività, arriveranno migliaia di ragazzi, sorgerà anche uno studentato, una sorta di campus universitario».
Ci sono state critiche alla viabilità; in quella zona la circolazione è già intensa.
«È stato realizzato uno studio specialistico, coinvolgendo con un ingegnere di Verona considerato tra i massimi esperti del settore. E il Comune ci ha chiesto opera pubbliche per 4 o 5 milioni di euro (le due rotonde, le piste ciclabili ed altro)».
Un esame anche politico?
«Tutto il dibattito, in commissione e in aula, ha fatto capire quanto pensiero ci fosse dietro questo progetto. E il voto consiliare (30 sì e 3 no) lo dimostra: le cose fatte bene poi vanno agli esami, ma li superano. Questo progetto ha un valore ben oltre i confini di Verona: non conosco altra iniziativa del genere (privata e senza contributi pubblici) in tutto il Nordest. E in Regione ho suggerito di portarla quale esempio di un Veneto che si muove, che investe, che fa».
Lei è tra i padri della nuova legge veneta che limita il consumo del suolo.
«Questo progetto riduce la cubatura esistente: non è a consumo zero, ma inverte addirittura il processo. E l’unica alternativa era quella di lasciare quell’area per altri decenni al degrado totale».
Quali saranno i tempi di realizzazione?
«Viaggeremo veloci, grazie all’utilizzo dello Sblocca-Italia. Io l’ho usato anche per il Fondaco dei Tedeschi a Venezia. E qui tutto è pronto per partire».
A Verona si polemizza molto sui centri commerciali, lei cosa ne pensa?
«Quel mondo sta cambiando, cresce il commercio online, nessuno sa cosa succederà tra un anno. La Grande Distribuzione sta però tornando nelle città, grazie anche alla legge regionale che fa recuperare le zone degradate. A Verona, per esempio, nessuno avrebbe fatto niente alle Officine Adige se non fosse arrivata Adigeo. Ora si parla di Ikea: è una questione strategica per la città, e su questo va valutata, non come fatto in sé».
Il suo giudizio sul recupero dell’Arsenale?
«È la prossima grande sfida, e mi affascina. All’assessore ho detto che lì un tempo c’erano le armi, e che le armi di oggi sono le idee e la creatività. Spero si crei un accumulatore di idee, lo si riempia di giovani che facciano le cose più strane, in un posto dove uno stia bene e dica: qui sento aria di futuro».
L’intuizione Tutto cominciò con una mongolfiera: osservando l’area dall’alto nacque l’idea di far nascere qualcosa in relazione con il parco e il fiume
La sostenibilità Ci dicevano che un progetto così non poteva reggere: invece funzionerà. Arriverà un Decathlon e ci saranno migliaia di ragazzi