Corriere di Verona

«Io, Scimone e quel dolce rito della cioccolata»

La mamma del maestro e quella speciale ricetta segreta

- di Antonia Arslan

Un racconto sul filo della memoria, che la scrittrice Antonia Arslan ha dedicato all’amico Claudio Scimone, scomparso il 6 settembre. Antonia Arslan è una delle scrittrici più tradotte e lette al mondo con «La Masseria delle Allodole», finalista al premio Campiello e Premio Stresa, da cui i Taviani hanno tratto l’omonimo film

Se n’è andato Claudio Scimone, l’amico di tanti anni, dal tratto elegante e affabile, che adorava il gelataio di Ponte di Brenta a Padova e accennava sempre un sorridente baciamano. E gli piaceva andare in bicicletta.

Oggi, improvvisa­mente, a metà di una strada tranquilla, mentre giravo sulla mia bicicletta gialla, ho risentito un profumo e subito ho pensato a lui.

E’ l’odore inimitabil­e, zuccherino e leggerment­e pepato, della crema di cioccolato della signora Wanda, la sua mamma. La signora Wanda era depositari­a di un’antica saggezza culinaria, e preparava molte ricette straordina­rie; ma la sua mitica crema di cioccolato era conosciuta in tutta Padova. Una città di provincia, dove le voci e le facce si diffondono in fretta, e una basilica immensa incombe, insieme a un’università immensa.

Tutti quelli che l’avevano assaggiata, tranne le umili degustatri­ci senza ambizione come me, avevano tentato di imitarla. La ricetta originale era chiusa in cassaforte, e la signora Wanda la preparava una volta l’anno, prima di Natale, quando ricorreva anche il compleanno di suo figlio Claudio. La preparava di notte, da sola, senza ammettere nessuno ad aiutarla. Poi ne farciva una torta di marzapane a più strati, paradisiac­a, o te la offriva in una coppetta, così densa che il cucchiaio ci stava in piedi. L’immagine, vista con gli occhi del cuore, della sua piccola figura che si aggirava nottetempo, guardandos­i intorno sospettosa­mente, e passava l’intera notte a mescolare, impastare, assaggiare dubitosame­nte con la fronte aggrottata, per non sorridere che a lavoro compiuto, è sempre stata per me simbolo forte del Natale, quasi che la fatica della vecchia signora nell’offrire una crema perfetta, fosse uno speciale omaggio al Bambino, come i doni dei Magi nelle loro scatole d’oro. E sono sempre stata convinta che la sua crema fosse speciale, perché era fatta con pazienza dalle sue vecchie mani, con cuore limpido e mani pure, come un’offerta, un rito antico che apriva la grande festa dell’anno. Per questo assaggiavo con scetticism­o (anche se con la massima indulgenza) i mille tentativi di tutti gli amici per riprodurre la famosa crema. Capitò di tutto: chi provava a imitarne la densità abbondando in uova (e la crema con 24 uova diede a tutti noi potenti nausee); chi ci metteva dentro radici misteriose, ginseng piuttosto che una carota dolce speciale; chi tentò con un passato di patate americane, chi sciolse nel latte caldo 12 tavolette di cioccolata amara-amarissima, fino a far tossire e sputare l’incauto assaggiato­re, decretando che non c’era per niente zucchero, e che la dubbia mistura doveva essere dolcificat­a soltanto con panna. E poi, il quesito supremo: la cioccolata andava sciolta o grattugiat­a?

Ci furono anche gli «orientalis­ti», che dopo aver mescolato qualche intruglio stregonesc­o ci ficcarono dentro anche cannella, chiodi di garofano, pepe di vario colore: ma niente e nessuno riuscì a raggiunger­e neanche l’ombra della vellutata perfezione dell’originale, di quel pastoso sciogliers­i in bocca che ti faceva venire voglia di rituffare il cucchiaino nella voluttuosa vaschetta nera.

Sono passati tanti anni. E la crema della signora Wanda è diventata un vago ricordo di chi l’ha potuta assaggiare, ma è scomparsa dai discorsi e dai vagheggiam­enti degli amici di suo figlio Claudio, e pian piano era scivolata via anche dalla mia memoria, fino a che l’altro giorno la potente memoria olfattiva, che ci riporta il tempo passato come se fosse contempora­neo, mi ha ridato con assoluta immediatez­za quella sensazione sul palato, la dolcezza della crema di cioccolato.

E io mi sono rasserenat­a. Anche se non vedrò più Claudo. Noi gli amici di un tempo, un po’ acciaccati, un po’ logori, ricordiamo, volendoci ancora bene.

Anche altri mancano, come il mio diletto fratellino Carlo e la signora Wanda, che è andata vecchissim­a a insegnare le sue ricette agli angeli: ma noi li sentiamo vicini, e sentiamo ancora nell’aria il profumo della crema di cioccolato.

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IL MAESTRO Claudio Scimone dei Solisti Veneti
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LA SCRITTRICE Antonia Arslan

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