Estero, chiave universale per le Pmi del Nordest L’EVENTO DI CORRIERE IMPRESE
Il dibattito di Corriere Imprese. Con le tante soluzioni vincenti per internazionalizzare
Le Pmi alla sfida della crescita senza confini è il tema chiave dibattuto ieri al Centro conferenze della Stanga, a Padova, all’evento organizzato da Corriere Imprese, il supplemento mensile del
Corriere del Veneto, e introdotto dal direttore Alessandro Russello. «Per andare all’estero non conta tanto essere grandi» ha detto fra gli altri Franco Conzato, direttore di Promex. Roberto Pavin, cfo dell’azienda: «La presenza in diverse aree ci ha fatto da cuscino».
Andare all’estero? Per un’impresa non c’è una sola chiave per una internazionalizzazione di successo. E le dimensioni contano fino a un certo punto. Ma questo, alla fine, rovescia il ragionamento: perché è l’estero, nelle sue possibili declinazioni, che si è rivelato in realtà una sorta di passepartout, di chiave di successo generale per le imprese che si sono decise a percorrerla in questi anni. La conferma è arrivata ieri a Padova, nel corso del dibattito «Piccole, Medie e Internazionali. Le Pmi alla sfida della crescita senza confini», organizzato al Centro conferenze Stanga da Corriere Imprese, il supplemento mensile del Corriere del
Veneto.
Ed è toccato ad Alessandro Russello, direttore del quotidiano, e a Gianni Barison, direttore generale di Banca Patavina, fornire, nel prologo, i motivi dell’evento. Su misura di piccole imprese. «La sfida internazionale delle Pmi assume un significato ancor più particolare, in questo momento - ha affermato Russello perché la politica deve dare risposte a chi produce. Dobbiamo osservare più da vicino questo ambito». «Ma anche una Pmi può rivolgersi ai mercati internazionali, se attrezzata - ha messo le mani avanti Barison -. Non bisogna sentirsi disarmati di fronte alla complessità».
Molti sono però gli elementi da considerare. Perfino una sorta di galateo applicato al mondo degli affari internazionali, i cui segreti sono stati svelati da Tiziana Busato: «Facciamo finta di dover catturare un topo - ha esordito -. In Italia la trappola avrebbe un pezzo di formaggio, in Cina un pezzetto di salmone affumicato. Il significato è semplice: tutti ci portiamo dietro il nostro bagaglio culturale, ma dobbiamo sempre cercare una via di mezzo». Secondo Busato, chi partecipa a un colloquio di lavoro è sospeso tra due esigenze: «Da un lato di far bella figura, dall’altro di capire chi si ha davanti. In Cina non bisogna mai porre domande dirette: l’interlocutore penserà che si vuole evitare il confronto con il resto della delegazione. Gli arabi tendono a guardare in basso e intorno; cercarli con lo sguardo equivale a un gesto di sfida».
Chi di rapporti internazionali s’intende è Franco Conzato, direttore di Promex, l’azienda speciale della Camera di commercio di Padova che aiuta le aziende a espandersi nel mercato globale: «Lo storytelling del Nordest si basava su imprenditori testardi e sui distretti, oggi invece ci sono otto incubatori e tremila aziende che partecipano a contratti di rete - ha commentato -. Per andare all’estero non conta tanto essere grandi, quanto utili e flessibili».
Il caso di successo più eclatante è Sirmax, multinazionale di Cittadella con stabilimenti in Brasile, India e Stati Uniti: «Abbiamo iniziato a spostarci in tutto il mondo per seguire i nostri clienti - racconta Roberto Pavin, cfo dell’azienda -. La presenza in varie aree ci ha fatto da cuscino: ogni tanto c’è chi zoppica ma il mondo nel complesso non rallenta mai. Per noi è stato tutto facile: all’estero c’erano già tante aziende italiane, abbiamo ricevuto il supporto delle istituzioni e il sistema bancario ci ha spronato». Enrico Duranti, direttore di Iccrea Banca Impresa, raccoglie l’assist: «Non c’è un sistema bancario che investe così tanto nell’economia reale come quello italiano».
La Punto Ciemme di Venezia (allestimenti) ha 40 dipendenti e 5 milioni di fatturato: «Anni fa il nostro slogan era ‘ovunque nel mondo’; in realtà ci fermavamo in Germania - dice Laura Calzavara, Ad dell’azienda -. L’apertura al mercato globale è arrivata in seguito a un cambio generazionale e culturale che ha favorito un approccio al cliente». La Transpack di Padova (imballaggi industriali e pavimenti sopraelevati) ha deciso di internazionalizzare entrambe le aree: «Nel primo caso ci siamo spostati in Slovenia e Croazia, dove abbiamo trovato un mercato simile a quello italiano - dice Nico Pittarello, il presidente -. Nel secondo caso abbiamo dovuto rimodulare il progetto iniziale». Internazionalizzare non è processo a senso unico. Ma chi trova la chiave giusta trova il modo di crescere.
I casi
Sirmax: «Le banche ci hanno spronato» Ciemme: «Decisivo il cambio generazionale» Barison Anche i piccoli possono andare oltre frontiera, se messi nelle condizioni