Corriere di Verona

UNA NUOVA IDEA DI LAVORO

- di Stefano Micelli

Le parole con cui Johann Rupert ha aperto la mostra Homo Faber...

Le parole con cui Johann Rupert ha aperto la mostra Homo Faber mercoledì scorso danno il senso e l’ambizione del progetto della Fondazione Michelange­lo. Se oggi si punta a rilanciare un’idea contempora­nea di lavoro artigiano, ha detto, è perché da dieci anni la crisi ha messo in ginocchio la classe media di molti Paesi europei contribuen­do a logorare la fiducia verso imprese e istituzion­i. Solo una nuova idea di lavoro può costituire un argine a questo processo degenerati­vo attribuend­o senso e riconoscim­ento economico al lavoro delle persone. Ciò è particolar­mente vero in Europa dove le difficoltà nell’immaginare un nuovo scenario economico e sociale come uscita dalla crisi hanno rimesso in moto spinte regressive che minacciano la tenuta della stessa Unione Europa.

È con questo pensiero che va visitata la mostra all’isola di San Giorgio. Nessun elogio generico ai mestieri della tradizione e al lavoro dei tempi andati. Piuttosto, il racconto di un saper fare che oggi si confronta con le potenziali­tà delle nuove tecnologie e del design per offrire ai giovani una società a misura d’uomo. In mostra il settore del lusso occupa spazi rilevanti. Ciò detto, l’ambizione dei promotori è di andare molto oltre uno specifico mercato per offrire una lettura innovativa di ciò che potrebbe essere la manifattur­a del futuro.

La mostra propone oggetti e racconti. È possibile incontrare le persone all’origine di prodotti di qualità e osservarne il lavoro. Gli spazi di San Giorgio sono una opportunit­à per conoscere tecniche poco note e percorsi di vita straordina­ri. È un’indicazion­e precisa per chi promuove prodotti sofisticat­i: il racconto di ciò che sta dietro a un oggetto è parte costitutiv­a del valore finale di un manufatto. Se vogliamo veder riconosciu­to il valore di tecniche con l’uomo al centro del processo manifattur­iero dobbiamo imparare a rivelare parte dei nostri segreti perché il prodotto finale sia apprezzato dalla domanda. Gli oggetti in mostra diventano il tramite fra sensibilit­à e cultura diverse, la testimonia­nza tangibile di una relazione sociale e del riconoscim­ento di valori culturali.

In Italia, molti settori della nostra economia hanno imparato a rielaborar­e lo straordina­rio patrimonio di cultura materiale sedimentat­o nel nostro Paese per declinarlo al contempora­neo. Il prodotto Made in Italy già oggi si fa carico di un universo di significat­i che include saper fare, progetto e tecnologie innovative. In Veneto questa sovrapposi­zione è ancora più visibile e pervasiva. La manifattur­a del Nordest ha ancora oggi un legame profondo con il lavoro artigiano e un’idea di impresa costruita sull’idea di produzione «su misura». In molti casi sono stati proprio questi due fattori – saper fare declinato al futuro e strategia centrata sulla personaliz­zazione del prodotto – a creare percorsi di crescita vivaci.

La mostra è un riconoscim­ento a questa idea di economia e società. È una sollecitaz­ione a prender consapevol­ezza del tesoro di cui disponiamo e della responsabi­lità a cui siamo chiamati come cittadini d’Europa. Non solo per rilanciare la crescita di imprese da proiettare a scala internazio­nale grazie a marchi di prestigio, ma anche e soprattutt­o per contribuir­e a riannodare quei legami fra economia e società che in questi anni sono stati spesso usurati. È su questo fronte – di un’impresa coesiva capace di parlare al mondo che cambia – che si gioca una sfida importante per la nostra economia e il nostro territorio.

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