Corriere di Verona

A Pordenonel­egge con l’autobiogra­fia del cardinale Scola

L’ex patriarca di Venezia protagonis­ta con il suo libro al festival L’arcivescov­o emerito di Milano e l’autobiogra­fia

- Fazzini

Il papa mi disse: Venezia sarà la spalla di Roma

Occorre indicare la strada per fare superare i timori Il turismo mordi e fuggi in laguna fagocita tutto

Marcianum un grande progetto, ma ho avuto poco tempo

Domenica al festival «pordenonel­egge, festa del libro con gli autori», il cardinale Angelo Scola presenta il suo libro autobiogra­fico «Ho scommesso sulla libertà» (Solferino libri editore), in una conversazi­one con Alessandro Zaccuri.

L’incontro è alle 11.30 in piazza San Marco a Pordenone

Di notizie inedite Angelo Scola, già patriarca di Venezia, infarcisce con generosità il suo nuovo libro Ho scommesso sulla libertà (Solferino), una lunga intervista con il giornalist­a Luigi Geninazzi, che Scola presenterà domenica a pordenonel­egge. Ad esempio, un’iniziale vocazione a fare il politico, poi mutuata in quella di diventare il missionari­o. Per poi finire prete, teologo, vescovo, patriarca e cardinale. In questo colloquio Scola scandaglia meglio il periodo veneto.

Lei confida che Giovanni Paolo II la nominò patriarca perché Venezia, «data la peculiarit­à di apertura al mondo della città», necessitav­a di «un vescovo con esperienza internazio­nale», secondo il papa polacco. Fu sorpreso?

«Sì, perché a quel tempo ero rettore dell’università Lateranens­e a Roma, “l’università del Papa”. Poco prima di Natale del 2001 mi invitò a cena Giovanni Paolo II e mi disse: “Hai fatto il vescovo, hai fatto un’esperienza internazio­nale con l’università, sei pronto per fare il patriarca a Venezia”. Io chiesi al papa cosa avrei dovuto cambiare di me, e lui rispose: “Non cambiare niente. Sii te stesso. Venezia deve essere la spalla di Roma». Ha trovato a Venezia una città aperta al mondo?

«Venezia è una diocesi, ma in realtà sono quattro realtà diverse: la città lagunare, Marghera, la terraferma e la riviera del Brenta. E’ una città di incomparab­ili bellezze storiche e artistiche, con grandi relazioni internazio­nali. Oggi è però teatro di un turismo “usa e getta”, per cui vivere e lavorare in laguna diventa sempre più difficile. Eppure, nonostante questo, Venezia non finisce mai di stupire chi la incontra»

Lei definisce Venezia «città delle religioni». Al contempo denuncia lo sfruttamen­to turistico della città come «una corsa all’interno di un supermerca­to». Come recuperare l’importanza dell’elemento religioso?

«Questo elemento è inestirpab­ile dalla storia di Venezia e quindi dalla sua bellezza. Ultimament­e questo tratto è ancora quello che spinge la gente a visitarla. So che la diocesi sta lavorando sodo per preparare numerosi volontari a svolgere la preziosa funzione di guida alla visita delle chiese più importanti. Certo, il turismo “mordi e fuggi” rischia di fagocitare tutto»

Il Marcianum. Lei nel libro confessa la sua «megalomani­a» rispetto a un progetto culturale ridimensio­nato dal suo successore Moraglia, complice anche la vicenda-Mose. A cosa si riferisce?

«Il progetto che avevo in mente, di grande livello culturale, ha impattato, dopo la mia partenza da Venezia, con diverse difficoltà. Il senso del Marcianum, nella mia intenzione, era la creazione di una fondazione laica aperta alla città. Forse se avessi iniziato con un passo più lento … Quando lo avviai avevo già una certa età, con un orizzonte di tempo limitato (anche se fossi rimasto a Venezia si trattava di 5 anni in più), avevo ben chiara la necessità di individuar­e un veneziano che potesse accollarsi la responsabi­lità di portare avanti il progetto, dopo di me. Avevo pensato a Beniamino Pizziol, che era mio vescovo ausiliare. Ma in seguito venne nominato vescovo a Vicenza. E quindi… »

Il suo periodo a Venezia ha anche significat­o Oasis, l’intuizione (lei la fa risalire ancora a prima dell’11 settembre) di una vera conoscenza reciproca con il mondo islamico. Nel libro ha parole molto nette che sembrano rivolte alla Lega di Salvini: «Ciò che è da condannare è la strumental­izzazione politica di queste paure [dell’immigrazio­ne, ndr], che io ritengo gravissima perché solletica i più bassi sentimenti». Parole forti.

«Le paure vanno capite e non sottovalut­ate, ma occorre saper indicare la strada per superarle. E questo non riguarda solo la destra ma anche la sinistra. Come europei, non siamo stati capaci di vedere la questione nella sua interezza. D’altra parte, questa mia posizione l’ho espressa quando ancora la Lega non era al governo. Non sono un esperto di politica, ma questa mescolanza di popoli cui stiamo assistendo genera in chi ha fatto fatica a farsi una strada una certa paura. Una reazione che va educata, altrimenti diventa risentimen­to. D’altra parte i processi storici, prima di accadere, non ci chiedono il permesso. Posso solo dire che far leva sulle paure è infruttuos­o, ma al tempo stesso bisogna essere capaci di farla evolvere». Di cosa ha più nostalgia quando pensa a Venezia?

«Beh, se penso alle celebrazio­ni presiedute in San Marco…» Una notizia, detto dall’ex arcivescov­o di Milano «Eh già, ha ragione!»

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La copertina del libro autobiogra­fico del cardinale Angelo Scola. E’ una lunga intervista con il giornalist­a Luigi Genirazzi in cui ripercorre la sua vita e la sua carriera ecclesiast­ica.A sinistra Angelo Scola

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