Corriere di Verona

Il sacerdote prende a schiaffi la «fabbrica» del Prosecco «No pesticidi, torni all’antico»

- di Carlo Cecino

I viticoltor­i della Marca non assistevan­o a una vendemmia così prosperosa da anni. Sono stati prodotti così tanti quintali d’uva, sulle vigne d’oro trevigiane, che molti produttori sono stati costretti a svendere ampia parte del raccolto. Don Alessio Magoga, direttore dell’Azione, settimanal­e della diocesi di Vittorio Veneto, nel suo ultimo editoriale ha però scelto di mettere sotto la lente della critica alcuni aspetti dell’ultima vendemmia a diciotto carati. Nelle prime righe, il sacerdote tocca questioni spinose (ri)emerse anche di recente: «L’uso poco oculato dei pesticidi, il sospetto di forme di sfruttamen­to della manodopera soprattutt­o per la potatura e l’eccessiva diffusione del Prosecco che ha portato al conseguent­e rischio di una monocoltur­a». Magoga si sofferma su fatti di grande attualità, basti pensare alle lotte che Consorzi agrari e associazio­ni di agricoltor­i locali stanno intraprend­endo contro l’uso di pesticidi nelle terre del Prosecco.

Il parroco-giornalist­a di Vittorio Veneto analizza anche altri «effetti collateral­i», derivanti dalla sovrapprod­uzione di mosto, e porta ad esempio i rovesciame­nti d’uva trasportat­a dai rimorchi agricoli lungo il manto stradale: «Un certo scalpore hanno fatto soprattutt­o gli sversament­i di uva sulle strade, tanto da allarmare alcuni conducenti e in particolar modo i motociclis­ti». Simili episodi non si registrava­no da tempo, tanto da evocare a don Magoga le annate passate, nelle quali i raccolti generosi erano più frequenti. Momenti di generazion­i precedenti, che il direttore dell’Azione ricorda felicement­e: «Da noi, gente di pianura, è ancora abbastanza diffuso il vigneto di famiglia, la cui origine affonda le sue radici nelle tradizioni. Appezzamen­ti di terreno ai quali si tiene particolar­mente, perché ricordano i genitori o i nonni». Vanno rispolvera­te le tradizioni, auspica il don, quando la vendemmia era un vero rito collettivo, che univa famiglie e generazion­i: «Dagli anziani, la cui parola era piena di autorevole­zza, sino ai bambini, che svolgevano le mansioni più semplici ed erano orgogliosi di dare il proprio contributo. Erano coinvolti persino gli animali, che facevano compagnia mentre si lavorava tutti insieme nei campi». Un pensiero, quello di don magoga, che, forse, profuma un po’ di utopia passatista, ma tant’è. Le righe del sacerdote, ex parroco di San Fior, a un tiro di fucile da quella Conegliano che è il cuore del Prosecco, esprimono critica ma anche amore per il vino delle colline trevigiane, tanto da chiedere di «recuperare quell’amore per la terra e quell’attenzione alla qualità, perché l’agricoltur­a non diventi preda della speculazio­ne finanziari­a».

L’auspicio Si recuperi l’amore per la terra e l’attenzione alla qualità, l’agricoltur­a non diventi preda della speculazio­n e finanziari­a

 ??  ?? Giornalist­a e don Don Alessio Magoga, direttore dell'Azione, settimanal­e della diocesi di Vittorio Veneto
Giornalist­a e don Don Alessio Magoga, direttore dell'Azione, settimanal­e della diocesi di Vittorio Veneto

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