La cittadinanza ritirata, caso diplomatico bollente «Siete burattini di Putin»
L’ambasciatore Perelygin accusa. Sboarina: «Rispondiamo a chi ci vota, onorificenza frettolosa»
Il «caso Poroshenko» crea tensioni internazionali. Al presidente dell’Ucraina
(nella foto) il consiglio comunale ha revocato la cittadinanza onoraria, concessa nel maggio 2016, dopo il ritorno a Verona dei quadri che erano stati trafugati dal museo di Castelvecchio il 19 novembre del 2015. E la polemica va ben al di là delle mura di Verona. Secondo l’ambasciata ucraina in Italia è «un atto provocatorio preparato ad arte dal Cremlino».
Esplode a Verona il «caso Poroshenko». Parliamo del presidente dell’Ucraina, Petro Oleksijovyc Porosenko, al quale l’altra sera il consiglio comunale ha revocato la cittadinanza onoraria, concessa nel maggio 2016, dopo il ritorno a Verona dei quadri che erano stati trafugati dal museo di Castelvecchio il 19 novembre del 2015. E la polemica va ben al di là delle mura di Verona.
Secondo l’ambasciata ucraina in Italia, infatti, la revoca è «un atto provocatorio preparato ad arte dal regime del Cremlino ed eseguito da forze politiche locali che si prestano ad uno sporco gioco politico». Il comunicato dell’ambasciatore Yevhen Perelygin aggiunge che «qualsiasi lettore del testo della delibera può trarre le giuste conclusioni leggendo frasi continuamente utilizzate dalla propaganda russa, in particolare sulla ‘guerra civile’ (mentre è testimoniata da tutto il mondo l’aggressione militare russa contro l’Ucraina), e sulla ‘violazione dei diritti dei russi in Ucraina’ (mentre le organizzazioni internazionali confermano distruzioni di libertà civili nella Crimea annessa e nel Donbas occupato dal regime di Mosca). Purtroppo conclude l’ambasciatore - ci sono ancora alcuni politici che vogliono essere i burattini di Putin, mentre il nostro scopo rimane lo sviluppo della cooperazione con la bellissima Verona e tutto il Veneto».
Secca la replica del sindaco Federico Sboarina: «Il consiglio comunale di Verona non è il burattino di nessuno, tuona – ed agisce in rappresentanza dei propri elettori e di nessun altro. Lo dimostra il fatto che la delibera di revoca è stata votata dai consiglieri di maggioranza e di minoranza, ad eccezione dei consiglieri della precedente amministrazione che aveva concesso la cittadinanza in maniera frettolosa e poco circostanziata. Dal ritrovamento a Odessa dei quadri rubati a Castelevecchio al loro ritorno a Verona sono passati sette mesi – ricorda polemicamente Sboarina - ma la città di Verona non è nemica dell’Ucraina e dei suoi cittadini, semplicemente ha posto rimedio ad un atto non condiviso e non spetta al nostro consiglio entrare nelle questioni internazionali».
In aula, l’altra sera, il consigliere (ma anche deputato) della Lega, Vito Comencini, ha difeso con passione la fazione filo-russa dell’Ucraina, esponendo con toni drammatici la situazione nel Dombas. Comencini ha citato i bombardamenti ucraini sul Donbas, le 770 violazioni del trattato di pace di Minsk e la fornitura statunitense agli ucraini di 210 missili Yavelin e 37 complessi anticarro.
Michele Bertucco (Sinistra in Comune) e Ciro Maschio (Fratelli d’Italia), pur favorevoli entrambi alla revoca della cittadinanza, hanno invece chiesto di restare in tema, e Bertucco ha detto che quando se ne discusse per la prima volta «il consiglio fu usato da Tosi come zerbino» aggiungendo peraltro che «sui diritti umani, la Lega sostiene personaggi come l’ungherese Orban, che non sono certo esemplari».
Dall’esterno del Palazzo, intanto, il consigliere regionale Stefano Valdegamberi, da tempo su posizioni filo-russe, tuona che «Verona non ha nulla a che spartire con lo squadrismo ucraino neonazista, protetto da Poroshenko».
Torna invece a difendere la cittadinanza onoraria al leader ucraino, senza arretrare di un millimetro, l’ex sindaco Flavio Tosi secondo il quale «è stravagante che in consiglio comunale il proponente della revoca, l’onorevole leghista Vito Comencini, abbia parlato a lungo di guerra nel Dombass, di missili americani e di sistemi anti-carro e non abbia speso una parola sul tema dei quadri di Castelvecchio e sulle modalità della loro restituzione a Verona. In questo modo – conclude Tosi - Verona ottiene solo di riaccendere le tensioni con l’ambasciata e col popolo ucraino: ce n’era davvero bisogno?»
Bertucco Il consiglio fu usato da Tosi come Zerbino, ma la Lega non dia lezioni Valdegamberi Verona, niente a che spartire con gli squadristi ucraini