Rilevò anomalie sul ponte Morandi L’esperta veronese sentita a Genova
Bonetti: misurazioni sperimentali. Il sistema utilizzato anche in Arena
L’ingegnere veronese Silvia Bonetti è stata convocata dal gip di Genova come «persona informata sui fatti» per le misurazioni sperimentali fatte sul ponte Morandi un mese e mezzo prima del crollo.
«Mostrateci come funziona». L’obiettivo della telecamera puntò il grande ponte strallato, ben visibile dalla finestra dell’ufficio.
Ad ogni passaggio dei camion i movimenti, impercettibili a occhio nudo venivano rilevato da un software che scandagliava ogni singolo pixel.
Con grande stupore, lo strumento, «Mira», mostrò che il ponte si muoveva, con oscillazioni quantificabili in centimetri, al passaggio dei mezzi pesanti. Correva il 30 giugno. Qualche settimana dopo, gli occhi del mondo sarebbero stati puntati su Genova, sullo stesso ponte, il ponte Morandi, il cui crollo costerà 43 vite umane.
Il lutto, le aspre polemiche, le promesse della politica, l’inchiesta della magistratura: nei giorni successivi al 14 agosto, i giudici scavano alla ricerca di ogni informazione che li possa aiutare a capire lo stato dell’opera al momento del disastro. Vengono acquisiti i filmati delle telecamere, viene ascoltato chi vive negli edifici che il ponte attraversava. Tra questo c’è anche una ditta edile. Il cui titolare si ricorda quella coincidenza di un mese e mezzo prima: «Con quello strumento è stato misurato qualcosa, il ponte sembrava muoversi». Così, il perito forense bolognese Daniele Gullà, che sta sperimentando il nuovo sistema, battezzato Mira, e l’ingegnere veronese, esperta in prevenzione sismica, Silvia Bonetti, che ne aveva studiato i dati, vengono convocati dal Gip come «persone informate sui fatti». Sul tavolo del giudice finisce una relazione destinata a far scalpore. I due professionisti mantengono il riserbo, finché non vengono contattati dalle telecamere di Rainews24. Poi il documento che avevano scritto per l’autorità giudiziaria, in teoria coperto da segreto istruttorio, finisce per essere pubblicato. Giovedì sera Bonetti si sfoga su Facebook: «Non cercavo visibilità, ho fatto solo il mio dovere da cittadino: mi hanno chiesto un parere e io l’ho dato scienza e coscienza». Da giorni l’ingegnere è contesa da trasmissioni televisive, a cui ha risposto garbatamente che non intende ritornare sul tema, per evitare fraintendimenti.
In effetti, quanto rilevato da Mira appare inquietante. Ma Bonetti è convinta che non bisogni cedere alla tentazione di fare facili correlazioni.
«Bisogna tenere conto – spiega – che si tratta di misure sperimentali e che, in quanto tali, hanno bisogno di essere supportato da un modello strutturale per essere validate o, quantomeno, per poter avere un significato “ingegneristico” di rilievo. Da sole vanno prese con le pinze». E ancora: «Siamo stati tutti colpiti dai dati rilevati, peraltro in un settore del ponte non crollato, ma se davvero fossi stata convinta di avere una sorta di prova che il ponte stesse per cedere sarei andata in Procura. Le nostre misurazioni possono dimostrare qualcosa? Forse che era possibile fare della prevenzione, ma non credo di più».
Parole che potranno suonare normali a chi è abituato alla mentalità scientifica, a trarre conclusioni solo davanti a una lunga serie di esperimenti ripetuti in condizioni controllate. Ma che forse sono destinate a deludere un’opinione pubblica «affamata» di risposte, magari tanto semplici quanto perentorie.
Quel che rimane è la nuova tecnologia. Utile per fare prevenzione? Bonetti, assieme ad altri, scommette di sì.
Già da qualche tempo, Mira è stata testata su una serie di edifici, alcuni dei quali scuole. Giovedì è toccato, in accordo con il Comune (presente l’assessore all’urbanistica Ilaria Segala) all’ala dell’Arena. Del resto, il software è pensato più per le strutture a più piani che per altri tipi di opere. In particolare per quanto riguarda i solai.
«In questi casi – conclude Bonetti – l’analisi di pixel, poi tradotti in movimento, secondo per secondo, può dirci molto sulla stabilità di un edificio».
Ho fatto solo il mio dovere, mi hanno chiesto un parere e io l’ho dato