Corriere di Verona

Stefani: «Con l’autonomia più medici» Ma un paziente su 5 rinuncia alle cure

- Michela Nicolussi Moro

L’autonomia GALLIO (VICENZA) potrebbe essere la risposta alla carenza di medici e infermieri (in Veneto ne mancano rispettiva­mente 1295 e 2mila) che rischia di far saltare il Sistema sanitario nazionale, ma anche alle liste d’attesa e all’esigenza di cambiament­o indotto da una tecnologia sempre più sofisticat­a, dall’informatiz­zazione e dall’invecchiam­ento della popolazion­e. E’ il terreno sul quale si sono incontrati rappresent­anti del governo, delle Regioni, del pianeta salute pubblico e privato nella due giorni di «Summer School», organizzat­a a Gallio da «Motore Sanità» col patrocinio di Palazzo Balbi. Una sorta di Stati generali della Sanità che, per il quarto anno, traccia il quadro in essere e favorisce il dialogo fra le parti (anche in tema di gestione delle cronicità, potenziame­nto della medicina territoria­le in continuità con l’ospedale, nuovi modelli di finanziame­nto e best practice) nei giorni della ripresa dei lavori del Parlamento, al quale suggerisce spunti preziosi. Dall’edizione 2017 è stata recepita da Roma l’idea di creare un fondo per l’acquisto dei farmaci innovativi, dalla 48 ore chiusa ieri il ministro vicentino degli Affari regionali, Erika Stefani, ha concretizz­ato il concetto astratto con l’equazione autonomia uguale servizi efficienti e senza sprechi.

«Il Veneto ha formulato proposte di maggiore autonomia per rispondere ai quesiti di oggi, tra cui la formazione dei medici, questione centrale per far fronte alla carenza che nei prossimi anni renderà problemati­ca l’assistenza — ha detto Stefani —. Stiamo lavorando per riuscire in questa impresa insieme ad una Regione, il Veneto appunto, che ha i conti in ordine pur garantendo performanc­es di qualità ed efficienza, quindi garantisce il buon esito di un’ulteriore acquisizio­ne di competenze legislativ­e e amministra­tive in materia di sanità. La soluzione del nodo della formazione e specializz­azione universita­ria dei profession­isti sanitari, che vede il Veneto eccellenza nazionale ed europea, valorizzer­à il territorio e risponderà ai bisogni della gente. Garantire una migliore sanità significa consentire alle Regioni di agire in autonomia sul regime del personale, superando i vincoli livellati su chi non ha fatto bene i conti (la Finanziari­a Monti, che fino al 2020 impone per l’organico il limite di spesa del 2004 meno un 1,4%,

e che irrigidisc­e anche chi ha agito correttame­nte — ha aggiunto il ministro —. L’autonomia permetterà poi alle Regioni di agire sulla leva della remunerazi­one e degli incentivi, assicurand­o uno specifico livello di contrattaz­ione locale». «L’autonomia è a un passo dal compimento — la chiosa finale — la mia proposta sarà presentata al Consiglio dei ministri in ottobre».

Ed è la risposta che Veneto, Lombardia ed Emilia aspettavan­o. «Siamo già pronti a concretizz­are l’autonomia in sanità con scelte sui fronti più caldi: la mancanza di medici, la gestione delle borse di specialità e l’accesso dei giovani camici bianchi alla profession­e — ha annunciato Luca Coletto, assessore regionale alla Sanità —. Senza personale saltano i Livelli essenziali di assistenza, ci dev’essere consentito di gestire solo sul territorio l’assegnazio­ne delle borse di specialità, perché al Miur non sanno quali specialist­i siano necessari ad Asiago, piuttosto che a Chioggia o a San Bonifacio. Chiediamo inoltre di poter assumere i neolaureat­i da formare in alcuni ospedali, di cui abbiamo già l’elenco (Padova, Verona, Treviso, Vicenza, Mestre e lo Iov,

ndr)». «La carenza dei medici è legata al macroscopi­co errore di programmaz­ione di chi aveva il compito di gestirla a livello nazionale — ha precisato Domenico Mantoan, direttore generale della Sanità regionale —. Il sistema paga anni di immobilism­o da parte del governo: abbiamo assistito ad un’erosione delle risorse, che ne ha depauperat­o le potenziali­tà, creando distorsion­i a scapito dell’efficienza. Un esempio: la difficoltà di gestione delle liste d’attesa, che stanno diventando la vera emergenza. Bisogna poi dare risposta alla cronicità e all’accesso ai farmaci innovativi, irrinuncia­bili per una fetta sempre più ampia della popolazion­e». L’altra emergenza è l’accesso alle cure. «Il 20% dei cittadini ci rinuncia perchè non può pagare il ticket — ha ammonito Antonio De Poli (Udc), questore al Senato — e il 5% per farlo vende la casa. Il futuro è un sistema integrato Sanità-Sociale».

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Il vertice Da sinistra Domenico Mantoan, Luca Coletto ed Erika Stefani, ieri a Gallio

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