Scivolone con la Salernitana L’Hellas capolista incappa nella prima sconfitta
Prima sconfitta per la capolista, la Salernitana imbriglia le fonti di gioco gialloblù e non perdona uno svarione della difesa di Grosso. E Micai nega poi il pareggio a Laribi
Il Verona sbaglia, la Salernitana no. L’applicazione scientifica della dura legge del gol è la spiegazione più immediata per capire le ragioni della prima sconfitta in campionato dell’Hellas.
La rete di Jallow (attaccante in prestito dal Chievo, fatalità) è la sintesi di tutto quello che non si deve fare su un cross. Il traversone di Casasola sembra inoffensivo, invece si trasforma in una tagliola in cui inciampa soprattutto Silvestri, che valuta male la traiettoria e viene scavalcato dal pallone. Caracciolo è in ritardo, Crescenzi non chiude e il colpo di testa conseguente è scoccato pressoché a porta spalancata. L’Arechi si surriscalda, in un pomeriggio in cui la temperatura raggiunge picchi estivi, e il clima bollente è un tranello in cui scivola il Verona. L’Hellas l’ha persa per un eccesso di confidenza e per la scarsa freddezza dei suoi finalizzatori, precipitosi quando non imprecisi. Il resto l’ha fatto Micai, che ha parato il prendibile e persino l’imprendibile, nell’assalto lanciato dai gialloblù negli ultimi 20’. Per chi non l’avesse ancora fatto, l’invito è a riguardarsi la respinta sulla botta scagliata in piena area da Laribi: un intervento prodigioso che ha tolto al Verona la certezza di un pareggio che sarebbe stato più che meritato. Detto questo, non è scandalosa la caduta di un Hellas che ha difettato troppo in fase di impostazione, anche per gli indubbi pregi che ha mostrato di avere la Salernitana, organizzatissima in copertura, abile a fare schermo tenendo le linee strette, in modo da contenere quegli spazi in cui il Verona va al ritmo di un turbo.
Al contrario, stavolta i corridoi sono stati compressi, e si è capito subito che per far saltare il tappo sarebbe occorso metterci parecchio olio di gomito. Fabio Grosso ha scelto di puntare su Tupta e Cissé, in attacco, lasciando fuori Laribi e Pazzini. Giusto o sbagliato? Il risultato, ovvio, dà un responso, ma nel contesto della gara l’idea era condivisibile, in partenza. A Tupta, però, continua a mancare il gol, e alcuni sprechi in contropiede gridano vendetta. Un peccato: il ragazzo c’è, eccome, ed è tra i più attivi nel tentativo di rimonta dell’Hellas, ma se non segni va da sé che il giudizio non possa essere clemente. Gli errori si scontano. Fatale quello di Silvestri e della difesa, idem per quei tentennamenti che, al momento di chiudere l’azione, il Verona ha avuto spesso, a Salerno. Delitto (sportivo) e castigo, quindi, e il primo posto, più che mai parzialissimo, diventa a rischio.
Se la può prendere, Grosso, per un’occasione che il pur frizzante Matos si è creato, sprecandola con un tiro fiacco su cui Micai ha fatto poca fatica a rimediare, e per le diverse situazioni in cui non c’è stata la carica cinica necessaria per uscire da uno stadio come l’Arechi senza danni. Eccesso di narcisismo per l’Hellas? Questo no, ma la lezione da mandare a memoria è semplice: se non sei spietato, ti mangiano. Si è smarrito nelle sfumature, il Verona, in quegli aspetti che paiono poco rilevanti, presi singolarmente, ma che se li sommi decidono l’esito di una partita. Nota a margine, per nulla secondaria: l’Hellas è mancato sul piano della freschezza, e ne ha risentito in primis nei suoi uomini più tecnici, deputati a costruire. La corsa di Odjer, Di Tacchio e Castiglia ha costretto Colombatto ed Henderson a frenare, togliendo elettricità al Verona, che è rimasto al buio e che è rientrato con un cruccio forte: poteva fare di più e non c’è riuscito.
Un fastidio da togliersi di dosso alla svelta.